La Formula 1 ha acceso nuovamente i suoi propulsori ibridi dando vita al secondo turno spagnolo di test collettivi. Dopo Jerez, il Circus si è trasferito in quel di Barcellona. Oltre all’intenso lavoro nelle factory per migliorare le nuove creature, a Ginevra si è riunita la F1 Commission e la tanto attesa “fumata bianca” sui nuovi regolamenti 2016 non è arrivata. “Mi sembra di tornare indietro ai primi anni 90”, commenta con un po’ di ironia Gian Carlo Minardi. “La Formula 1 non vuole mai cambiare. Invece di proporre, preferisce la via più veloce e semplice, ovvero quella di rimandare”.
Già nel 1992, in un’intervista rilasciata al
MinardiNews, il mensile della scuderia faentina, Gian Carlo Minardi aveva lanciato questo allarme. In quegli anni il Mondiale di F1 stava lottando contro i costi che stavano diventando insostenibili. Il Team Principal dell’omonima scuderia aveva posto l’attenzione su aspetti importanti volti alla diminuzione dei costi, ma non alle limitazioni tecniche poiché “…
la F1 deve continuare a essere la massima espressione della tecnica automobilistica”. Le aree su cui si dovrebbe intervenire sono ben altre “
Limitazione del numero delle monoposto da portare in pista per ogni squadra. Portandone due sole, ad esempio si risparmierebbe, nell’arco dell’anno, la costruzione di una ennesima macchina, con annessi ricambi. In più una squadra in meno di meccanici da portare in giro per il mondo…”.“
Limitare il numero dei motori da utilizzare per ogni GP. Cosi i motoristi sarebbero costretti a fare motori più affidabili evitando unità speciali solamente per le qualifiche. Allo stesso tempo limitare gli pneumatici. Cosi facendo si arriverebbe a un risparmio annuo”, proseguiva sempre il manager faentino, “
di 2, 2milioni e mezzo di dollari che per un piccolo team possono significare anche la sopravvivenza”.
Leggere oggi queste proposte fa venire i brividi, poiché hanno visto la luce solamente anni dopo. “Tutte cose che si sono verificate dopo 8-9-10 anni dopo per correre dietro alla fuga dei grandi costruttori e per colpa dell’aumento dei costi”. A oggi però le cose non sembrano cambiare. “A Ginevra, in un momento complicato per la F1, nessuno ha preso decisioni o ha provato a proporre soluzioni importanti. Ciascuno continua a tirare l’acqua verso il proprio mulino”, prosegue l’ex costruttore. “Nel 1992 le riunioni erano capitanate dai tredici team in griglia, di cui ben dieci erano rappresentati dal proprietario stesso. Gli altri tre erano Flavio Briatore per Benetton, Jean Todt per Ferrari e Peter Collins per la Lotus, ovvero tutti personaggi che conoscevano molto bene l’ambiente”.
A tenere banco è stata la proposta di portare i propulsori alla potenza di 1000 CV. “
Per cambiare l’immagine dell’ambiente e attirare l’attenzione degli appassionati, il nocciolo non sta nell’aumento della potenza. Occorre riportare il pilota al centro dell’attenzione, pur nella massima espressione tecnologica. Mi spiego meglio: perché passare ore in galleria del vento generando appendici aereodinamiche per guadagnare pochi millesimi di secondo a prezzi elevatissimi e con una comprensione del pubblico molto limitata? Non sarebbe meglio avere un’ala pulita e “semplice”? Chi è davanti la TV o seduto in tribuna, non può rendersi conto se una macchina è più performante di 1 km/h o di 1 decimo di secondo. Sono ben altre le cose da cambiare, come ad esempio, rendere le macchine più accattivanti all’occhio o avere gare combattute, con staccate al limite. Avere gomme più larghe poteva essere una bella scelta. Anche l’estetica ne avrebbe guadagnato”, conclude Minardi.
Redazione MotoriNoLimits