17 agosto. Vacanze in Romagna, a Misano Adriatico, anche quest’anno. Per scelta, non per costrizione. Gente cortese, laboriosa, sempre gentile e disponibile, cibo ottimo ovunque vai, tanta vita e tanto relax, tra famiglie con bambini piccoli che qui trovano ogni genere di comfort e orde di giovani alla ricerca del divertimento e di emozioni e incontri sempre eccitanti.
E tra questi giovani fino a poco più di tre anni fa c’era anche un ragazzone nato a Cattolica il 20 gennaio dell’87. Esuberante e riflessivo, eclettico, simpatico, irriverente, unico.
Uno che queste strade le ha percorse in lungo e in largo migliaia di volte con le sue “fidanzate a due ruote”. Un fuoriclasse, in pista e fuori. Genio e sregolatezza, senza magari la “pulizia” e la tecnica programmata di un Valentino Rossi, ma con un istinto e una voglia di sorprendere e vincere che gli hanno permesso di essere amato dalla gente come pochi altri al mondo.
Insomma, come si diceva, vacanze in Romagna. Si spera che il tempo sia sempre bello per scendere in spiaggia e sdraiarsi beati sotto l’ombrellone oppure per prendere la bicicletta e percorrere tutto il lungomare da Riccione a Gabicce, ma quest’anno un giorno delle tanto sospirate ferie lo dedicheremo a lui, al Super Sic. Alla prima nuvola passeggera o, comunque, in una delle ultime giornate piene di sole, si andrà.
I giorni passano e, a dispetto di un nord Italia costantemente bagnato da piogge torrenziali, qui quando va male ci sono 32 gradi. Anche ieri sembrava una giornata fotocopia delle precedenti. Fino alle 11 quando ecco improvvisamente comparire dal nulla nuvoloni minacciosi, in un cielo che fino a un attimo prima era limpido, celeste. Un po’ come faceva il Sic, che ti spuntava dal nulla e partiva all’attacco fino a quando tu non finivi dietro oppure lui finiva giù. O finivi giù tu – chiedere a Pedrosa e Lorenzo. O un po’ come gli è capitato quel maledetto 23 ottobre del 2011 a Sepang, quando all’improvviso si è trovato per terra e… “Diobò..!”, ciao a tutti.
Insomma, si sale in macchina e via, verso Coriano. È li che viveva, coi suoi genitori. Ed è li che si può andare a respirare un po’ di quella sua vitalità. Si arriva in poco meno di mezz’ora, passando attraverso stradine che salgono e scendono continuamente, attorniati da un paesaggio fantastico con le sue colline e il mare sullo sfondo.
Coriano è un paese molto ordinato e accogliente. Conta circa diecimila residenti, anche se dà l’impressione di essere piuttosto piccolo. In un attimo, infatti, si è in centro ed è qui, sotto la lunga scalinata della Chiesa, che si trova un piccolo altare con una lastra in vetro dedicata al Sic e sotto di essa diversi oggetti lasciati dai suoi ammiratori.
Sulla lastra, in alto, il numero che da una vita lo accompagnava sui circuiti di tutto il mondo, un numero che non ha una motivazione particolare, che non aveva scelto per motivi legati a una data oppure a un suo idolo. Erano i tempi dell’Europeo delle 125. Il numero preferito da Marco sarebbe stato il 55, ma era già occupato per cui gli venne assegnato d’ufficio il 58. Con il 58 lo vinse quell’Europeo della 125, per cui decise di farlo suo.
Poco sotto una frase, o meglio, LA FRASE che rappresenta al meglio, in sintesi, il pensiero di Marco e la sua personalità: “Mi piacerebbe essere ricordato come uno che in gara sapeva emozionare”.
E le emozioni si sentono già. Il pensiero che questi erano i suoi luoghi, che qui c’era un paese in festa a ogni sua vittoria, la tragedia della sua scomparsa, le persone che a mano a mano arrivano per rendergli omaggio, anche se sono solo le 15 e il museo a lui dedicato, all’interno del Palazzo della Cultura di Coriano, aprirà solo alle 16:30.
Insomma, tanta voglia di ricordarlo da parte di tanta, tanta gente, ma un dolore palpabile, che stride fortemente con quello che era Marco e, se da una parte verrebbe voglia di essere un po’ come era lui, ridendo e scherzando, dall’altra proprio non ce la si fa. Per rispetto, per istinto.
Anche un gruppo di bikers arrivati in paese e subito diretti in un bar, a dir poco chiassosi e “coloriti”, avvicinandosi poi al museo si comportano come il più fervido credente che si approssima a una Chiesa. Non è ridicolo. Qui è normale.
Arrivano le 16:30, il museo “La Storia del Sic” apre. Si può scegliere se effettuare prima la visita o acquistare un ricordo presso “Le Robe del Sic”, un negozio nel quale si possono trovare libri, magliette, felpe, riproduzioni in miniatura delle moto e altri vari gadget. I prezzi sono accessibili e, particolare importante, il ricavato va alla “Fondazione Marco Simoncelli” www.marcosimoncellifondazione.it voluta da Paolo e Rossella, i genitori di Marco, con il fine di promuovere l’impegno dello sport a favore del sociale, dei soggetti più deboli contribuendo attivamente alla realizzazione di progetti umanitari in Italia (un centro diurno e riabilitativo a Coriano, il Servizio socio-riabilitativo “Ci Curiamo di noi” nella zona di Pesaro) e nel mondo (Repubblica Dominicana, Burundi, Repubblica del Congo).
Ci si mette tutti in fila, ordinatamente. Siamo già almeno un centinaio di persone, di diverse età, alcuni con bambini molto piccoli e passeggini. Solo un certo numero di visitatori – una trentina – possono stare all’interno del museo contemporaneamente, dando così a tutti la possibilità di godersi appieno la visita senza una gran ressa intorno. Piano piano si entra.
Tre stanze, all’interno delle quali si trova tutto ciò che Marco è stato nella sua vita da pilota: trofei, guanti, cappellini, parti meccaniche, moto originali con le quali ha corso e vinto, una moto da cross, minimoto, go-kart, caschi, la sua prima tuta e diverse altre, svariate foto di Marco fin dalle sue prime esperienze motoristiche in giovanissima età e addirittura il box originale ricostruito fedelmente dal Team San Carlo Honda di Fausto Gresini.
Alle pareti un paio di schermi che trasmettono immagini del Sic in pista, con in sottofondo la musica che amava più di tutte, quella di Vasco Rossi.
Si scattano foto, ci si muove da una stanza all’altra soffermandosi su alcuni dei tanti oggetti che è possibile ammirare, quelli che ti fanno pensare che era davvero forte e che sembra impossibile che Marco non ci sia più.
Ma basta poco perché ritorni il sorriso, basta pensare alle parole di Rossella, la madre di Marco. Quando ancora era un ragazzino, lei gli rivolse questo pensiero: “La cosa che più ti auguro è che tu sfrutti al meglio la tua vita, per assaporare con consapevolezza il bello e il brutto che essa ti darà. Le piccole e le grandi cose, senza arrenderti però davanti alle difficoltà, quando vuoi raggiungere uno scopo che a te sembra giusto”.
Sono le parole, il pensiero, che ogni genitore dovrebbe rivolgere al proprio figlio, soffocando ogni egoismo e puntando solo alla sua felicità. Marco le ha fatte sue, e la vita che ha vissuto l’ha sicuramente sfruttata al massimo, con tutto se stesso, con tutto il suo entusiasmo. Senza arrendersi mai.
Si torna, nel frattempo il cielo si è riaperto. Ci aspettano altri giorni di sole e di ore in riva al mare. Ma se anche dovesse piovere questa vacanza avrà già avuto il suo senso. Ciao Sic!
Paolo Premoli