Alessandro Botturi è arrivato ieri sera tardi al bivacco di San Rafael, trasportato da un mezzo dell’organizzazione, mentre la sua moto è rimasta in mezzo al deserto in attesa del camion “balai”. La delusione dipinta sul volto del Bottu, per un’opportunità persa così in fretta, solo alla seconda tappa della Dakar, l’edizione più sfortunata delle tre corse dal bresciano. Le ha provate tutte, ieri, per uscire dalla morsa infernale delle dune di Nihuil, con la frizione bruciata. Mancavano 80 chilometri all’arrivo della speciale quando il maledetto inconveniente meccanico ha trasformato la sua gara in un calvario. Prima ha cambiato la frizione con quella di scorta, ma dopo 10 chilometri l’inconveniente si è ripresentato. Paolo Ceci, suo compagno di squadra nel team Speedbrain, gli ha ceduto la sua di scorta, Alessandro ha smontato nuovamente il tutto, ripartendo e percorrendo altri venti chilometri. La terza volta ha inserito un disco per fare spessore ma niente, la sua gara è terminata lì, tra la sabbia molle e il caldo insopportabile delle dune grigie di Nihuil.
Oggi è in trasferimento con il team verso San Juan, da dove organizzerà il suo immediato rientro in Italia. Finisce così la gara del nostro portacolori, che nella brevità delle prime due tappe ha comunque dimostrato di poter tenere il passo dei più forti e di poter ambire a un grande risultato, vista soprattutto la sua tenacia, la sua resistenza e le sue indiscusse capacità di guida, soprattutto quando il terreno di fa tecnico.
Alessandro Botturi: “Ci credevo, ero convinto di poter fare qualcosa importante: davanti la battaglia è a un livello molto elevato, ma ho visto che avevo tutto il potenziale per entrarvi anch’io. Purtroppo la mia moto mi ha dato segnali negativi fino dalla mattina. Dopo 50 km mi ha raggiunto Grabham, la mai moto non riusciva a superare i 150 all’ora e scaldava molto. Poi nel tecnico l’ho ripassato e nonostante la bassa velocità di punta al rifornimento eo messo molto bene. Il problema della Dakar è che si fa una volta all’anno, si lavora 365 giorni per prepararla e poi tutto viene vanificato in un secondo… Ci credo ancora nel mio obiettivo e da quest’anno mi sono dato tre anni di tempo per arrivare sul podio della Dakar. Sinceramente l’obiettivo di quest’anno era il quinto ma dento di me sognavo il podio, Alla Dakar se vai regolare senza fare errori riesci a fare il risultato, come ha dimostrato Despres lo scorso anno: ha vinto la Dakar vincendo solo una tappa. La cosa che più mi fa arrabbiare è che per tutta la sragione non abbiamo mai avuto problemi con la frizione. Con lo stesso motore ho fatto il Transanatolia, il Marocco, allenamenti in Tunisia, senza mai un problema… Si vede che alla fine doveva andare così… Ora torno a casa, è troppo il rammarico di vedere gli altri soffrire e non poter condividere con loro questa sofferenza”.