di Giannino Marzotto, Fucina Editore. Formato cm 14,6 x 21, pagg. 302, più 20 tavole fuori testo, b/n e colori. Prezzo al pubblico: 18,00 euro, IVA inclusa. SCONTO del 20% sul prezzo di copertina, più contributo forfettario di 5 euro per spese di spedizione. Per l’acquisto, inviare una e-mail di richiesta a: fucina@fucinaeditore.it, SPECIFICANDO di avere letto questa informazione sul sito www.motorinolimits.com
Chi era Giannino Marzotto? Un grandissimo industriale, capace e lungimirante. Ma anche un personaggio irripetibile, tanto era fuori dagli schemi. Per chiarire, ecco alcune massime in cui credeva, riportate a pagina 69 del volume di cui parliamo: “Da oltre 77 anni (cioè subito dopo l’allattamento, ndr) non bevo un goccio di latte. Da oltre cinquanta, non bevo acqua durante il giorno, e mai minerale. Mai mangiato dolci, verdura e frutta: qualche lampone o fragolina di bosco. Alimentarsi pochissimo e con tutto, bere vino e whisky… Mi sono infatuato dell’idea che i microbi, se distesi prosperano, se in piedi muoiono. Mai mettersi a letto. Proteggere gola, bronchi e polmoni smettendo di fumare almeno cinquanta volte al giorno. Le medicine sono un lento veleno: non ho mai avuto fretta!”.
Innamorato di cani (da caccia e non) e di volo aereo (ma doveva pilotare lui!), era esperto di buona tavola (amante del cibo, ma anche autore di un libro di cucina), appassionato di caccia subacquea e di roccia, ma amava forse ancora di più le gare in automobile (vinse tra l’altro due Mille Miglia, nel 1950 e nel 1953), partendo da questo presupposto: “Nelle corse automobilistiche il piacere è grande, la posta è la vita, gli sbagli si pagano cari”. Una frase che sintetizza la sua natura forse meglio di ogni altra descrizione: fortissima curiosità per ogni cosa che attirava la sua attenzione, ma capace di affrontarla con grande disincanto, mantenendo sempre una straordinaria lucidità di giudizio.
Stimava moltissimo Enzo Ferrari, con cui aveva un ottimo rapporto personale, ma lo faceva arrabbiare oltre misura quando ne criticava le vetture. Per verificare (in realtà dimostrare…) se aveva ragione, una volta decise di acquistare due telai di Maranello e si fece costruire due versioni della 212 Export “Uovo” (chiamata così per la esasperata ricerca aerodinamica). Quando Ferrari vide la vettura inorridì: “Ripeteva che gli avevo stuprato la figlia davanti agli occhi. Io sorridevo”, scrive Marzotto, “e gli rispondevo che non aveva figlie”.
Quando non gareggiava, spesso si spostava in camper. Un giorno la Polizia Stradale lo fermò in autostrada: “Sa che stava andando ai 180 all’ora?”, chiese il poliziotto. “Sì, questo mezzo non va più di così…”, rispose con un sorriso.
Giannino Marzotto, figlio di un industriale importante, era nato a Valdagno il 13 aprile 1928. A 25 anni aveva già vissuto gli anni terribili della seconda Guerra Mondiale, si era laureato e sposato, si apprestava a vincere la sua seconda Mille Miglia ma soprattutto (causa malattia di suo padre) era diventato Capo di un’Azienda con 10.000 dipendenti, chiamato a decidere la vita professionale di tantissime persone confrontandosi con responsabili dell’Azienda molto più anziani di lui. Eppure seppe mostrare lucidità, capacità di visione e lungimiranza straordinarie, attento ai rapporti sindacali ma introducendo anche importanti innovazioni a favore del benessere dei dipendenti, dentro a fuori le fabbriche.
Il 31 marzo 1969, a 41 anni, un anno dopo lo scoppio di fortissimi disordini sociali legati al cosiddetto “autunno caldo”, si rende conto di essere divenuto ormai un bersaglio politico troppo grande, tanto da mettere in forse l’esistenza stessa dell’Azienda. Decide così di rassegnare le dimissioni da ogni incarico: e, quarantenne, si trova a dover ricominciare un’altra vita. Si occupa della gestione della Marzotto Sud, a Salerno, ma si scontra con enormi problemi creati dai sindacati nazionali, che non digeriscono gli ottimi e proficui rapporti instaurati con i dipendenti. Nel 1975 concretizza l’idea dei Progetti Utopici, sempre nel sud Italia, ma questa volta la burocrazia, lentissima ed elefantiaca, è più forte della sua volontà e il risultato è la chiusura di quattro stabilimenti. Giunto a 60 anni, Marzotto decide puntigliosamente cosa dovrà accadere al momento della sua scomparsa, curando la successione dei propri beni e delle attività di cui si occupa.
Questo libro rappresenta una sorta di “autoritratto” che il Conte Giannino Marzotto ha voluto scrivere nel 2006, a 78 anni. Dentro ha inserito di tutto, in totale libertà, nel pieno rispetto del proprio indomabile carattere: storia personale e professionale, passioni, racconti, amori, sensazioni, pensieri. Un libro da leggere, anche se i capitoli 3, 4 e 5 (a nostro sindacabilissimo giudizio, per carità!) non aggiungono molto al piacere della lettura. Il capitolo 6 è invece forse quello più divertente e coinvolgente, per gli appassionati di automobilismo. Contiene tra l’altro il racconto della costruzione delle due vetture “Uovo” di cui abbiamo detto prima. Il Conte Marzotto viveva vicino Vicenza e aveva individuato una carrozzeria di Padova come posto “giusto” per la realizzazione della sua idea di auto da corsa (in due varianti, una spider e una coupè, una per la montagna l’altra per la pianura): “Andavamo a Padova tutte le sere con il nostro aereo: impiegavamo un quarto d’ora dall’aeroporto di Trissino a quello di Padova. A cena si facevano gli schizzi, poi si andava in officina”. Inutile dire che questa vettura, difficilissima da guidare per piloti “normali”, si comportò benissimo nelle mani di Marzotto. E a quel punto anche Ferrari era contento: quando si vinceva, l’importante è che la vettura fosse una Ferrari, appunto…
Le pagine di questo libro sono tante e fittissime di contenuti. Impossibile raccontarlo tutto, mentre un commento più lungo sarebbe solo una noia. Chi vorrà leggerlo scoprirà un pezzo di storia italiana, industriale e personale, che nessun altro potrà mai riunire in una sola vita.
Il Conte Giannino Marzotto è morto poco più di un anno fa, a Padova, il 14 luglio 2012, a 84 anni, dopo aver lasciato precise disposizioni, puntualmente osservate dai suoi cari: nessuna cerimonia funebre importante, ma un bicchiere di vino offerto a tutti quelli che sarebbero andati da lui per l’ultimo saluto.
Massimo Fiorentino