I compleanni importanti vanno celebrati a dovere. E così, in occasione del suo 150° anniversario, Martini & Rossi ha voluto organizzare una grande mostra, curata da Paolo D’Alessio e in collaborazione con il Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli” di Torino, dedicata ai successi del Martini Racing: 45 anni di una lunga e mitica avventura, raccontata attraverso le protagoniste che hanno segnato la storia delle competizioni motoristiche. L’inaugurazione l’8 novembre, presenti i responsabili del MAUTO, i proprietari dell’Azienda e i protagonisti di Martini Racing e ovviamente loro, le auto che ne hanno fatto la storia.
Martini Racing: un nome che evoca immediatamente la passione per i motori, ma anche tecnica, innovazione e design, un marchio, un team e uno stile che occupano un posto particolare nella storia delle competizioni automobilistiche, non solo per aver dato vita a una delle prime sponsorizzazioni della storia e per l’inconfondibile livrea delle vetture, ma perché, in 45 anni di storia, il Martini Racing si è imposto in tutte le principali specialità delle quattro ruote, vantando un palmarès da record: dalla Formula 1 ai Rally, dall’Endurance al DTM.
La storia del Martini Racing inizia ufficialmente il 27 dicembre del 1970 quando, sul circuito tedesco di Hockenheim, vengono svelati i colori ufficiali scelti per decorare le Porsche 917 destinate al Mondiale Marche 1971: una serie di strisce blu, azzurre e rosse su campo argento, un insieme cromatico che scriverà pagine indimenticabili nella storia dell’automobilismo, una firma destinata a lasciare una traccia indelebile in tutte le maggiori specialità del motorsport. Da quel momento Martini Racing è stata al fianco dei marchi più famosi: Porsche, Ferrari, Alfa Romeo, Lotus, Brabham, Lancia, Ford. E, da semplice sponsor, è diventato un protagonista che ha sempre avuto nel suo DNA il sapore della sfida, la voglia di sperimentare, di precorrere i tempi, di costruire il proprio successo sul coraggio e sulla visione di lungo termine.
“Nei suoi 150 anni di storia, Martini & Rossi è sempre stata all’avanguardia nella comunicazione. Ma moltissimo si è fatto anche nel settore dello sport. Si cominciò, tra gli anni 20 e 30, con l’affiancare il ciclismo di epici Giri d’Italia; e ben presto, tra gli anni 50 e 60, si pensò di creare qualcosa nell’ambito della velocità e delle corse, amate da tutti gli esponenti della famiglia dei conti Rossi di Montelera. Sul volgere degli anni 60 nacque l’idea di sponsorizzare una vera e propria scuderia, impegnata negli anni nelle gare di Endurance, Formula 1, Turismo e Rally: il Martini Racing Team. E venne spontaneo, per individuarne il logo, riprendere i colori del Martini International Club che diedero così vita alle inconfondibili strisce rosso-azzurro-blu. Fu uno sforzo senza precedenti, che è durato oltre 40 anni e attraverso il quale l’Azienda ha precisato sempre meglio l’immagine e il valore del “Mondo Martini”: la visione sportiva di un prodotto giovane e di successo”, ha ricordato Maurizio Cibrario, Presidente Onorario di Martini & Rossi. “Lo spunto venne da un gentleman driver, che era anche un dirigente della Martini Germania, che amava correre e insisteva per poter apporre sulla sua auto il marchio Martini. A forza di insistere, Vittorio Rossi di Montelera cominciò a considerare l’idea di creare un team: nacque così il fenomeno del Martini Racing. Fu un’operazione unica nel suo genere nell’ambito delle sponsorizzazioni: all’epoca Martini fu tra le primissime aziende ad avere un proprio team. Amanti entrambi dei motori e delle corse, Vittorio e Gregorio Rossi di Montelera erano due figure molto diverse.
Vittorio era l’uomo della visione e della strategia: aveva le idee chiare su dove voleva portare il Gruppo a lungo termine. Ma accanto a queste qualità c’era bisogno di chi, con rigore e puntualità, portasse avanti tutte le implicazioni che ne derivavano, e proprio questa era l’attività di Gregorio: preciso, rigoroso, severo nell’esecuzione del programma. Due personalità che hanno arricchito il Gruppo con elementi importanti: la visione e la realizzazione. I due fratelli hanno dato una spinta poderosa al progetto Martini Racing, lavorando in grande sinergia, coadiuvati da alcuni personaggi fondamentali per il successo dell’iniziativa: Dino Ajassa e Daniel Schildge, alti dirigenti del Gruppo Martini, e Cesare Fiorio, direttore sportivo del Martini Racing Team nel suo periodo di maggior splendore”.
Basta scorrere alcuni capitoli per rendersene conto. Quando ad esempio, nel 1973, Martini Racing decise di appoggiare la Porsche, al suo esordio nel Mondiale Marche con una 911 Carrera, spinta da un innovativo 6 cilindri turbo. O quando fece il suo debutto in Formula 1 al fianco della neonata Tecno, una piccola scuderia bolognese che esordiva nel Circus con una monoposto di sua costruzione, equipaggiata con un 12 cilindri “boxer”, il più complesso propulsore di quegli anni. Per non parlare del coraggio di appoggiare l’iniziativa della Lancia che, nel 1983, con la “037” a due sole ruote motrici, osò sfidare, e battere, la ben più sofisticata Audi a trazione integrale. Lo stesso desiderio di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di guardare al futuro e all’innovazione lo si ritrova, ai giorni nostri, nella scelta di legare ancora una volta i propri colori alla rivoluzionaria Porsche 918, la prima Granturismo ibrida della storia della Casa di Stoccarda.
“La scuderia Martini Racing si è distinta soprattutto nell’ambito dei Rally, con sei vittorie mondiali consecutive che, a cavallo tra gli anni 80 e 90, ne hanno consacrato il mito. Tutto ciò ha portato alla creazione di qualcosa che, se guardiamo a quel periodo con gli occhi di oggi, ci fa parlare di “mito”. Ma un mito è tale perché tende a ritornare. Anche per questo la mostra allestita al MAUTO si intitola “MARTINI RACING. INSEGUENDO IL MITO”: perché se da una parte ci propone la visione storica di quello che è stato, dall’altra ci offre infiniti spunti per riaprire il discorso. E ci lancia verso un futuro dove la livrea rosso-azzurro-blu avrà ancora un posto di primo piano”, ha concluso Maurizio Cibrario.
La mostra “MARTINI RACING, INSEGUENDO IL MITO” vuole celebrare questa indimenticabile avventura, nei molti aspetti che l’hanno caratterizzata. A partire dalle protagoniste: la Porsche 917, che nel 1971 ha regalato al Martini Racing la prima vittoria nella leggendaria 24 Ore di Le Mans, alle Brabham e Lotus di Formula 1; le Lancia, vincitrici per ben 7 volte nel Mondiale Rally, l’Alfa Romeo 155 DTM, la categoria regina delle gare Turismo. Il tutto calato in un mondo di immagini e filmati che ricreano tutto ciò che ha fatto del Martini Racing un modo di stile, eleganza, coraggio: dai protagonisti e testimoni delle vittoria, ai segreti delle vittorie, dagli aspetti tecnici al design inconfondibile. Ed è stato questo il tema conduttore degli interventi dei protagonisti all’inaugurazione della mostra.
“La partecipazione di Martini è stata un’esperienza unica nella storia delle competizioni automobilistiche. Non solo uno sponsor: l’organizzazione Martini Racing ha avuto un ruolo attivo come partner dei team sportivi e per molti periodi come vero e proprio team. Gli straordinari risultati ottenuti nei diversi settori di competizione (rally ed endurance soprattutto) e con diverse marche partner (Lancia e Porsche soprattutto) hanno fatto di Martini un nome di immenso fascino per gli appassionati di sport, motori, design”, ha dichiarato Benedetto Camerana, Presidente del MAUTO.
È stato poi il turno di Daniel Schildge, direttore del Martini Racing e responsabile dell’immagine: “I miei più begli anni di lavoro sono trascorsi nel cuore del Martini Racing. Una scuderia molto attiva che ha toccato tutti i settori degli sport meccanici, F1, Endurance, Rally, Motonautica, Pattuglia acrobatica. Non ho memoria di nessun altro impegno da parte di una società di quell’epoca simile al nostro, unico, riconosciuto e rispettato. Partner e complice dei più grandi nomi dell’automobilismo, Porsche, Lancia, Ford, Alfa Romeo, Lotus, il Martini Racing si è distinto nella ricerca dell’eccellenza grazie alla sua eleganza, tanto sotto l’aspetto dell’immagine che sotto l’aspetto umano. Ricompensato da numerosissimi podi, Le Mans, Montecarlo, Brasile, e da molteplici Titoli, il Martini Racing ottenne il rispetto del mondo sportivo. La lista dei piloti che hanno difeso i colori ormai celebri del Team è impressionante. Sono estremamente fiero di aver condiviso questa avventura ricca di successi con un uomo che è stato il mio modello, un vero gentlemen italiano, il conte Gregorio Rossi di Montelera. Vittorie, sconfitte, gioie e dispiaceri, il successo del Martini Racing è ancora così presente, il rispetto che ancora gli si conferisce non è altro che l’espressione di un certo stato d’animo, di cui molti sono stati gelosi e molti, invece, hanno copiato”.
Ascanio Calvi di Bergolo, direttore Marketing e Comunicazione Martini & Rossi, così racconta: ”Il mio primo approccio con il Martini Racing fu agli inizi degli anni 70. Ricordo, era un sabato mattina e allora ero responsabile, a Milano, di un laboratorio di ricerca alla Pierrel. A quel tempo mi spostavo su Milano in moto (dato il traffico impossibile), con una Ducati Scrambler 350… E quel sabato venni invitato ad assistere, a Balocco, alla prima uscita in pista della nuovissima Tecno Formula 1. Mi attrezzai di tutto punto, presi la mia moto e partii. Era inverno e, anche se la giornata era soleggiata, il freddo era pungente. Arrivai al circuito dove praticamente non conoscevo nessuno. Mi aggregai al gruppo in attesa e tutti aspettammo, pilota compreso, una vettura che non arrivò mai, perché non era pronta. Da allora e per quasi 30 anni il Martini Racing mi ha provocato una serie di emozioni, alcune molte esaltanti altre tragiche. Da quel momento venni invitato dai fratelli Vittorio e Gregorio Rossi ad assistere a molte gare (F1, prototipi ecc) e sempre in posizione privilegiata, dai box. Le Mans, Interlagos, Monza, Imola, Zolder, Zeltweg. Quando nel 1982 entrai alla Martini & Rossi mi trovai a occuparmi del Martini Racing per quanto riguardava la società italiana. Iniziai con i mitici prototipi Lancia (Imola, Monza, Le Mans) ma ben presto, grazie a Cesare Fiorio, arrivarono i rally e fu una cavalcata entusiasmante. 037, Delta, S4, momenti indimenticabili. A quei tempi ero una specie di manovale, completamente al di fuori delle grandi decisioni centrali, ma dal momento che la Società italiana contribuiva in maniera significativa al budget generale, il lavoro agli italiani non mancava. Quando, agli inizi degli anni 90, il gruppo decise di smettere con le corse, la Società Italiana, grazie alla lungimiranza dei suoi amministratori, decise di proseguire da sola. Con un programma ridottissimo rispetto a prima, ma proseguì. Chiudo con un ricordo particolare dedicato al Rally Costa Smeralda dove la Martini & Rossi era main sponsor. Pur essendo una gara del Campionato Europeo, il Martini Racing era contrattualmente impegnato a parteciparvi con una Top Car. Decise quindi di schierare, non in corsa, un prototipo S4 anche per capire come andava la nuova vettura su un terreno particolarmente impegnativo come quello della Sardegna. Si organizzò una prova per giornalisti su un piccolo tratto dell’Isuledda. Io fui invitato a salire in macchina con Marku Allen per andare al luogo della presentazione. Eravamo già in macchina e ben legati quando l’ing. Lombardi si avvicinò ad Allen e gli disse “usa pure tutti i tuoi cavalli”. Un’emozione indimenticabile. Un aereo. Mi ricordo che la gente usciva per le strade sentendoci arrivare. Sono stato diverse volte in macchina con i nostri piloti, praticamente con tutti, ma il ricordo di quel trasferimento rimarrà indelebile”.
Un vero e proprio tributo al “Martini Racing Style” sono le parole del pilota Miki Biasion, che ricorda: “Ho iniziato a correre con i colori Martini Racing nel 1986 guidando una Lancia Delta S4 al Rally di Montecarlo. Ho indossato i colori Martini Racing fino al 1992, vincendo 2 Titolo mondiali nel 1988 e 1989. Ricordo però che nel gennaio 1983 ero stato convocato dal team Lancia Martini come “ricognitore” dei suoi piloti ufficiali al rally di Montecarlo e che, per l’occasione, mi era stato fornito l’abbigliamento del Team Martini Racing. Mi innamorai di quei colori e giurai che avrei fatto di tutto per poterli indossare come pilota ufficiale nel Campionato del Mondo. Indossare questo marchio è stato di grande stimolo per i miei risultati sportivi e mi auguro possa esserlo nuovamente per tanti altri piloti”.
Per Cesare Fiorio, Team Manager del Martini Racing, “Tutto era cominciato tanti anni prima. Quando, amico d’infanzia di Gregorio e Vittorio Rossi di Montelera e di Ascanio Calvi, partecipai con i colori del Martini Racing al Campionato del Mondo di motonautica, poi vinto, insieme a Carlo Bonomi. A quella stagione ne seguirono tante altre e i risultati sempre molto brillanti. Solo molti anni dopo convinsi i miei amici a vestire con i bellissimi colori del Martini Racing le Lancia che facevo gareggiare nel Mondiale Rally. Anche qui fu un trionfo per molti anni e i colori furono adottati anche dalle Lancia che correvano in pista, nel Mondiale Endurance. Devo dire che ho difficoltà a ricordare tutti i Titoli vinti tra motonautica, Rally e Sport Prototipi. Ma di una cosa sono certo: di aver contribuito con le mie squadre a rendere ancora più prestigiosi e noti i colori del Martini Racing. Nel senso che nessuno ha mai vinto tanto quanto noi e sono di conseguenza onorato di aver potuto ripagare la fiducia che mi è stata via via accordata”.
Sergio Limone, l’ingegnere progettista di tante vetture vincenti, ha ricordato: “Il mio rapporto con il Martini Racing nasce con la Lancia Rally, forse più nota come SE037, il mio primo lavoro impegnativo come progettista: la livrea Martini che compare sulla pelle della vettura il giorno della sua presentazione alla stampa, nell’autunno del 1981, presso la pista di prova della Fiat alla Mandria, dà un notevole contributo estetico alla vettura ma crea ancora più attese in lei e preoccupazioni nel progettista! La livrea sarà poi parte integrante delle principali vittorie di questa vettura, e resterà “incollata” alle Lancia da rally sino alla serie dei sei campionati vinti dalla Delta, diventandone quasi parte integrante, sino a dare origine a diverse “serie speciali Martini” della “Deltona”, caso forse unico nella storia della produzione di auto, a sigillo dello stretto collegamento tra le vetture di produzione Lancia e quelle da rally”.
Ma eccole, le protagoniste, il “cuore” della mostra “MARTINI RACING, INSEGUENDO IL MITO“.
MARTINI RACING ENDURANCE
1) Porsche 917 – 1971
Nel 1971 il Martini Racing si aggiudica per la prima volta la leggendaria 24 Ore di Le Mans, con la Porsche 917 “coda corta”, un mostro spinto da un 12 cilindri “boxer” di 4.907 cc, in grado di erogare più di 600 cv. Più lenta della vettura gemella “a coda lunga” di Elford-Larrousse, che in prova tocca i 362 km/h sul rettifilo di Hunadiers, la Porsche numero 22, con struttura portante in megnesio, ha nella grande affidabilità la sua arma vincente. Nelle mani dell’austriaco Helmut Marko (il pilota-manager che trent’anni dopo scoprirà un certo Sebastian Vettel) e dell’olandese Gijs van Lennep il prototipo di Stoccarda percorre la bellezza di 5335,313 km, alla media di 222 km/h, un record destinato a durare nel tempo.
2) Porsche 911 Carrera RSR – 1973
L’assenza del Martini Racing dal mondiale Marche dura un solo anno. Nel 1973 le strisce blu, azzurre e rosse tornano a decorare le fiancate di una Porsche. Questa volta però non si tratta di una biposto sport, ma dell’ennesima versione racing della 911, dotata di turbocompressore. Per le gare Endurance si tratta di una novità assoluta, un azzardo tecnico, che non convince molti addetti ai lavori. Anche costoro dovranno però ricredersi quando la granturismo tedesca, che vanta un ottimo rapporto peso/potenza (310 cv, per 900 kg di peso) si aggiudica la Targa Florio del 1973, con l’equipaggio Müller-van Lennep, battendo le più potenti sport tre litri di Ferrari e Alfa Romeo. Il Martini Racing ha vinto un’altra scommessa.
3) Lancia Beta Montecarlo – 1981
La Lancia Beta Montecarlo Turbo è la prima vettura sport del Martini Racing a non essere una Porsche e corona il primo anno di collaborazione tra i due marchi con la vittoria del titolo mondiale. Una prestazione di assoluto rilievo, conquistata di fronte ad un nugolo di Porsche 935, che pagano lo scotto di un regolamento che separa nella classifica finale di ogni gara le vetture di meno di due litri di cilindrata, dalle altre. Se la Porsche è spesso prima tra queste ultime, nella classe inferiore la Lancia, che vanta un ottimo rapporto peso/potenza, non ha avversari e a Watkins Glen conquista addirittura la vittoria assoluta. Un successo che vale un titolo iridato, l’obiettivo che a inizio stagione si erano prefissati Gregorio Rossi di Montelera e Cesare Fiorio, il team manager Lancia.
4) Lancia Gruppo 6 – 1982
La Lancia gioca d’azzardo nel 1982: mentre i suoi avversari si adeguano alle nuove regole, varate dalla Federazione Internazionale dell’Auto, schierando le inedite “Gruppo C” coperte, il team italiano opta per un’agile barchetta biposto. A fine stagione il titolo iridato va alla Porsche, ma il favorevole rapporto peso-potenza (450 cv per soli 650 kg di peso) consente alle vetture torinesi di battersi alla pari con le Porsche 956 e di concludere il Mondiale 1982 con tre prestigiose vittorie all’attivo: la 1000 km di Silverstone (Patrese-Alboreto), la 6 Ore del Nürburgring (Alboreto-Fabi-Patrese) e la 6 Ore del Mugello (Alboreto-Ghinzani).
5) Lancia LC2 – 1983/86
Nel 1983 la Lancia abbandona la piccola e versatile “barchetta” di Gruppo 6 e mette in pista una biposto coperta di Gruppo “C”, spinta da un 8 cilindri biturbo di 2.600 cc, di derivazione Ferrari, in grado di sviluppare più di 700 cv. Il telaio monoscocca deriva da quello del modello precedente e l’aerodinamica è studiata in funzione di un esasperato sfruttamento dell’effetto suolo. Tutte queste caratteristiche tecniche fanno della Lancia LC 2 una vettura in grado di impensierire le Porsche 956, schierate dalla casa di Stoccarda. Purtroppo però, problemi di affidabilità e l’impari lotta contro un numero sempre crescente di Porsche Gruppo C, negano al team italiano la conquista del titolo iridato e nel 1986 per il Martini Racing si chiude la parentesi Endurance.
FORMULA 1
6) Tecno PA 123/1 – 1972
L’annuncio della Porsche che, al termine della stagione 1971, si ritira dal mondiale Marche, prende in contropiede la Martini. Dopo avere ricevuto un secco no dalla Ferrari, che non intende apporre le scritte di uno sponsor sulle carrozzerie delle sue biposto-sport, il Martini Racing sposta la sua attenzione dalle gare di durata, alla Formula 1. La scuderia prescelta per il grande salto è l’esordiente Tecno, che vanta un invidiabile palmares nelle categorie cadette e intende fare le cose in grande stile, costruendosi addirittura il motore in casa, un plurifrazionato simile a quello delle Ferrari di F.1. Purtroppo il 12 cilindri “boxer” della scuderia bolognese si rivelerà troppo fragile e le soddisfazioni in due anni di gare saranno veramente poche.
7) Brabham BT44B – 1975
Scottato dall’esperienza Tecno, nel 1973 il Martini Racing si ritira momentaneamente dal mondiale di Formula 1, per farvi ritorno due anni dopo, al fianco di Bernie Ecclestone, patron della Brabham. Le BT44B di Carlos Pace e Carlos Reutemann, motorizzate Ford, sono due ottime monoposto, caratterizzate da un’esasperata aerodinamica, con insolite fiancate di sezione trapezoidale. Nel 1975 vanno a segno con Pace nel gran premio del Brasile e con Reutemann in quello di Germania. Ma per la conquista del titolo mondiale non c’è nulla da fare contro lo strapotere di Niki Lauda e della sua Ferrari 312 T, il cui 12 cilindri boxer vanta parecchi cavalli in più, rispetto all’inossidabile V8 Ford Cosworth, che equipaggia la maggior parte delle monoposto inglesi.
8) Brabham BT45 – 1976/77
Cambio di motore in casa Brabham: nel 1976 il team di proprietà di Bernie Ecclestone abbandona il v8 Ford-Cosworth, per passare al più competitivo 12 cilindri “boxer” dell’Alfa Romeo. Il propulsore italiano, accreditato di 520 cv, è decisamente più potente del Ford, ma problemi di accoppiamento tra telaio e motore ed un peso eccessivo frenano le ambizioni del Martini Racing. Nel 1976 la Brabham cambia anche livrea, dal tradizionale bianco, al “rosso Italia”. Nel 1977 solo la sfortuna e qualche problema di troppo sul fronte affidabilità negano al Martini Racing la soddisfazione della vittoria. In diverse occasioni le Brabham Alfa Romeo di John Watson, Carlos Pace e Hans von Stuck sfiorano il successo: migliori risultati della stagione sono i secondi posti di Watson e Pace nei gran premi di Argentina e di Francia.
9) Lotus 80 – 1979
Dopo Tecno e Brabham nel 1979 è la volta della Lotus. Il team di Colin Chapman si presenta al via della stagione 1979 col numero 1 sulle fiancate, privilegio che spetta di diritto al campione del mondo in carica, e sono in molti a credere che, per il secondo anno di fila, la compagine inglese possa ribadire la superiorità tecnica delle formula 1 ad “effetto suolo”. Le speranze del Martini Racing naufragano però miseramente quando il patron della Lotus vuole superarsi, mettendo in pista il rivoluzionario modello “80”, che estendende l’utilizzo delle minigonne mobili a tutta la lunghezza della monoposto. La Lotus del 1979, che sulla carta dovrebbe essere imbattibile, risulta difficile da mettere a punto e dopo alcune deludenti apparizioni viene accantonata dal team, costretto a ripiegare sulla vecchia “79” dell’anno prima.
RALLY – WRC
10) Lancia 037 – 1983/84
Cinque anni dopo l’esperienza con la Porsche al Rally Safari, nel 1983 il Martini Racing torna nel mondiale rally, con la Lancia 037, una vettura in netta controtendenza rispetto all’Audi quattro a trazione integrale. Cesare Fiorio e Gianni Tonti, team manager e direttore tecnico della compagine italiana, sono infatti convinti che anche con una maneggevole e leggera vettura a due sole ruote motrici si possa ancora vincere nei Rally. E i fatti danno loro ragione. Con un briciolo di fortuna, il talento di piloti del calibro di Markku Alén o Walter Rohrl e l’impeccabile preparazione della “037”, a fine stagione ‘83 il Martini Racing può festeggiare la conquista del campionato del mondo Rally, nella prima stagione completa in questa nuova categoria. Al MAUTO sono esposti due esemplari della Lancia Rally 037: la versione che potremmo definire “base”, usata in tutte le gare del mondiale e quella “Safari”, con assetto rialzato, protezioni anti-urto anteriori e posteriori e gli scarichi modificati, allestita per affrontare gli impegnativi sterrati del Kenya.
11) Lancia Delta S4 – 1985/86
Nel 1985 anche la Lancia deve abdicare alla superiorità tecnica di Audi e Peugeot e convertirsi alle quattro ruote motrici. La nuova arma del Martini Racing nel mondiale Rally si chiama “Delta S4”, dispone della trazione integrale e di un doppio sistema di sovralimentazione, composto da turbocompressore e compressore volumetrico. Quest’ultimo entra in funzione ai bassi regimi, mentre il turbo assicura una potenza di 450 cv. Valori impressionanti, che consentono alla Lancia di imporsi fin dalla gara d’esordio, nel Rally RAC del 1985. L’anno seguente la storia si ripete a Montecarlo: Henry Toivonen è nuovamente primo e la Lancia sembra destinata a bissare il titolo del 1983, ma in Corsica un tragico incidente costa la vita a Toivonen e decreta di fatto la fine dei Gruppi “B”, vere e proprie Formula 1 degli sterrati.
12) Lancia Delta Ecv2 – 1986
Pochi mesi prima che la Federazione dell’Auto decida di mettere al bando le Gruppo “B”, la Lancia presenta il modello “Ecv2” (experimental composite vehicle), che avrebbe dovuto rimpiazzare la Delta s4. Questa vettura, che non sarà mai adoperata in gara, rappresenta la massima esasperazione tecnologica per vetture di questa categoria. Più compatta della s4 e con un baricentro decisamente più basso, la “Ecv2” è allestita intorno a un telaio tubolare, rinforzato col massiccio uso di pannelli in materiali compositi e presenta un’aerodinamica a dir poco esasperata, per una macchina da Rally. Il cuore pulsante di questa autentica Formula 1 degli sterrari è un motore triflux, un 6 cilindri biturbo, che riduce al minimo i tempi morti di risposta tipici del turbo, ed eroga 600 cv a 8.000 giri/min. Un valore eccezionale, considerando il fatto che la “Ecv2” pesa appena 930 chili.
13) Lancia Delta Integrale – 1988
Gli avversari della Lancia non hanno neppure il tempo di reagire alla perentoria affermazione del Martini Racing nel Mondiale Rally del 1987, che la casa torinese mette in campo la seconda evoluzione della Delta gruppo ‘A’. La “Hf Integrale”, questa la sua denominazione, vince fin dal suo esordio, in Portogallo, con Miki Biasion, ma il successo più importante arriverà qualche mese più tardi quando, dopo numerosi tentativi andati a vuoto, la Lancia riesce finalmente ad imporsi nel massacrante “safari”, che si corre sugli sterrati del Kenya. Un’affermazione che garantisce di fatto il secondo titolo mondiale consecutivo al Martini Racing e la conquista di quello piloti a Miki Biasion. Prima di essere rimpiazzato dalla versione “16 valvole”, la Delta integrale proseguirà la sua scia di successi nel 1989, riconfermandosi a Montecarlo, in Corsica, in Portogallo e al Safari.
14) Lancia Delta Hf – 1992
Al termine della stagione 1991, e dopo la conquista dell’ennesimo titolo mondiale, la Lancia annuncia il suo ritiro dai Rally, in veste ufficiale, ma ribadisce la volontà di continuare nel mondiale con l’ultimo modello della serie Delta, la cui gestione viene affidata al Jolly Club. La Delta Hf “evoluzione”, meglio nota col soprannome di “Deltona”, presenta dimensioni più generose, prese d’aria e parafanghi maggiorati e un propulsore potenziato. Vince fin dall’esordio, a Montecarlo, con Didier Oriol e col pilota francese si aggiudica sei Rally mondiali, mentre il compagno di squadra Juha Kankkunen è primo in Portogallo. Risultato: a fine stagione, per il sesto anno consecutivo, Lancia e Martini Racing festeggiano la conquista del Titolo Mondiale Marche, l’ultimo di un sodalizio irripetibile nella storia del motorsport.
15) Ford Focus WRC
1999: sette titoli costruttori e tre titoli piloti non si scordano facilmente e la passione per i Rally inducono il Martini Racing al clamoroso rientro nel Mondiale Rally. Questa volta i classici colori blu, azzurro e rosso non sono abbinati alle lancia Delta, ma alla Ford, che nel 1999 partecipa al mondiale con la neonata Focus WRC e un pilota di valore assoluto, come Colin McRae. Dopo un avvio incoraggiante a Montecarlo lo scozzese va a segno nel Rally Safari e in Portogallo e l’anno successivo il Martini Racing si potenzia ulteriormente, con l’arrivo in squadra dell’iridato Carlos Sainz. Nel periodo che va dal 2000 al 2002 non mancano le vittorie di prestigio, ma per la conquista del titolo iridato non c’è nulla da fare contro Peugeot e Subaru.
TOURING – GT
16) Alfa Romeo 155 DTM – 1995/96
A partire dal 1992 il Martini Racing estende il suo raggio di azione e, dopo avere preso parte al mondiale Endurance, a quello di Formula 1 e al Mondiale Rally, si cimenta in pista nelle gare Turismo, al fianco dell’Alfa Romeo, che iscrive due 155 GTA al campionato italiano della specialità. La superiorità delle vetture di Arese e di Nicola Larini è schiacciante e, a fine stagione, arriva la conquista del titolo nazionale. Tre anni dopo il Martini Racing è nuovamente al fianco dell’Alfa, che iscrive le sue 155 V6 TI al “DTM” (Deutsche Tourenwagen Masters) una sorta di mondiale per vetture Turismo. Contro una muta di Mercedes e Opel c’è poco da fare per il titolo, ma Nicola Larini e Alessandro Nannini vincono comunque diverse gare della serie DTM-ITC nel biennio 1995/96.
17) Porsche 911 GT3 – 2013
Dopo qualche anno di assenza, nel 2013 i colori del Martini Racing tornano prepotentemente alla ribalta sulla Porsche 911 GT3 del nove volte campione del mondo dei Rally Sebastian Loeb, che prende parte ad alcune prove del monomarca tedesco, che si corre nei week end di gara dei Gran Premi di Montecarlo e di Spagna, e sulla Porsche 918, la prima Gran Turismo ibrida della casa di Stoccarda.
18) Porsche 918 – 2013
La 918 è la prima Porsche ibrida della storia e combina la spinta di un 8 cilindri endotermico (collocato in posizione posteriore) con quella di due motori elettrici, posti sull’asse anteriore e su quello posteriore. Per celebrare l’avvenimento e ricordare i tanti successi conseguiti nelle gare di durata, la casa di Stoccarda ha realizzato anche una versione “Martini Racing” di questo autentico mostro da 770 cv.
La mostra è integrata da spettacolari filmati, che ripercorrono le principali tappe della storia del Martini Racing, e da due postazioni “interattive” (MARTINI RACING STORY, le vicende agonistiche del Martini Racing, dai primi anni 70, ai giorni nostri; e MARTINI RACING MODELS, per conoscere i segreti tecnici delle vetture che hanno difeso i suoi colori e il loro palmarès) che daranno modo di conoscere tutto quanto ha reso il Martini Racing un mito: protagonisti, vittorie, vetture che ne hanno scritto la storia.
Uno spazio particolare è dedicato alla Lancia Delta, che ha dominato ininterrottamente il Mondiale Rally dal 1987 al 1992. Utilizzando una particolare tecnologia, sul parabrezza della vettura che si è imposta nel Rally Safari del 1988 con Miki Biasion, viene proiettato un estratto del film “Delta the Legend”, prodotto e realizzato dalla “Bottega delle Immagini”, di prossima presentazione.
Un capitolo importante ha il design (il “regno” del curatore della mostra, l’architetto e designer Paolo D’Alessio). Nella sua storia Martini Racing ha sempre dato grande importanza all’aspetto estetico dei mezzi da competizione che sponsorizzava, fossero auto da corsa, aerei oppure off-shore. A partire dalla scelta dei colori, una serie di strisce blu e azzurre, inframmezzate da una fascia centrale rossa, una grafica elaborata agli inizi degli anni 70, che ben presto è diventata un “must” nel mondo del motorsport. Il suo appeal si basa su precise scelte stilistiche, che concorrono a renderlo unico, immediatamente identificabile, tanto dagli addetti ai lavori quanto al grande pubblico. A partire dall’eleganza, che caratterizza tutte le sue livree e che negli anni è riuscita a coniugare un’immagine di marca ricercata, capace di rinnovarsi nel tempo e di trasformare in oggetti raffinati i diversi supporti (vettura, scafo o aereo). Per rendersene conto basta osservare le silhouette delle vetture che hanno difeso i colori del Martini Racing a partire dal 1971: i colori di base sono sempre gli stessi, ma cambia la loro declinazione, a seconda si tratti di una macchina da Rally, di una vettura Sport o di una monoposto di Formula 1.
Una sezione della mostra è dedicata alla comunicazione, con gli spot più famosi, dedicati sia al prodotto, sia al mondo del motorsport con una ricca selezione di quei poster che sono ormai diventati un oggetto di culto per i collezionisti di tutto il mondo.
Al termine della mostra, un grande pannello recante l’immagine di Michael Schumacher testimonial del messaggio sul Bere Responsabile sintetizza l’impegno che il Gruppo Bacardi Martini profonde nelle tematiche legate al consumo moderato e alla responsabilità sociale.
Ma Martini Racing guarda anche al futuro, con la rinnovata partnership con Porsche, che ha visto le celebri strisce blu, rosso e azzurre tornare sulla carrozzeria della “918”, la prima Gran Turismo ibrida della storia per la Casa di Stoccarda.
Come ha raccontato il curatore Paolo D’Alessio, il lavoro più impegnativo è stato il recupero delle auto, una fatica ripagata visitando la mostra. Per la visita sono necessarie un paio d’ore, che volano, vi assicuriamo. Non perdete quindi l’occasione di una full immersion nella storia del Martini Racing: avete tempo fino al 26 gennaio! E poi quelle due ore possono facilmente diventare un pomeriggio o una giornata, perché quando si va al MAUTO è un delitto non visitare la collezione completa… Un ringraziamento doveroso va quindi al sempre squisito padrone di casa, il Direttore del MAUTO dott. Rodolfo Gaffino Rossi, che ha contribuito con tutto il suo entusiasmo e la sua esperienza alla realizzazione di questa mostra e di questo evento davvero unico. Con l’augurio che proprio da Torino, dal MAUTO e da questa mostra riparta la storia del Martini Racing, che potrebbe ripercorrere i fasti del passato e riportare i piloti italiani in Formula 1 e nel Mondiale Rally, dove oggi, purtroppo, latitano drammaticamente…
Barbara Premoli