Avevano sicuramente ragione gli antichi Romani: repetita iuvant, ovvero ripetere le cose – buone, ovviamente – fa solo bene. Lo stesso si può dire delle prestazioni nei pitstop, uno dei momenti in cui si esplicita nella maniera più chiara il concetto di Formula 1 come sport di squadra: il lavoro in sincrono della ventina di meccanici impegnati nelle operazioni di cambio pneumatici, la precisione di guida e la prontezza di riflessi che devono essere messe in atto dal pilota, l’affidabilità e la robustezza della vettura e delle attrezzature tecniche impiegate sono tutti elementi fondamentali per il successo. E non conta tanto fare l’exploit singolo, il record che strappa il titolo sui giornali, quanto la capacità di ripetersi con costanza e in ogni condizione.
È proprio sul concetto di ripetibilità che continua a battere insistentemente Diego Ioverno, alla sua quinta stagione come responsabile delle operazioni di pista della Scuderia Ferrari e, conseguentemente, direttore dell’orchestra dei meccanici in Rosso. “La cosa più importante è ripetersi ad alto livello non tanto fare il pitstop più veloce in assoluto: certo, se arriva ne siamo lieti ma quello che conta è essere sempre ad alta quota. Ricordiamoci che i ragazzi del pitstop sono un po’ come i portieri di calcio: se parano tutto, ovvero non fanno errori, è la norma ma se scappa la papera, ovvero l’errore che ti fa perdere la posizione, allora si finisce nell’occhio del ciclone. Fortunatamente quest’anno le cose stanno andando bene, il che fa sempre piacere: se prendiamo in esame le 15 gare fin qui disputate, in più della metà siamo stati in media i più veloci: certo l’1”95 di Alonso a Suzuka è un bel tempo ma valgono di più dieci pitstop sotto i 2”5. Soprattutto quando la stagione è difficile, servono anche soddisfazioni come questa per tenere alto il morale del gruppo”.
Il nucleo base dei meccanici della Scuderia è rimasto sostanzialmente stabile in questi anni, come conferma Ioverno: “Abbiamo cercato di lavorare sulla gestione delle risorse perché in questo quinquennio il lavoro del meccanico è cambiato considerevolmente: ad esempio, non c’è più la squadra test e il numero dei meccanici presenti in pista è limitato per regolamento, così come il numero di ore in cui possono lavorare. Abbiamo cercato di fare un po’ di rotazione, cercando di introdurre nel gruppo nuovi elementi ma senza perdere il valore dell’esperienza. Ovvio che l’età media si sia alzata ma abbiamo lavorato molto sia a livello fisico che psicologico e i risultati si vedono”.
Che la Ferrari sia all’avanguardia nei pitstop è un dato consolidato, almeno da un paio d’anni. Questo risultato è il frutto non solo del lavoro di chi materialmente effettua le operazioni in pista ma anche di chi si è dedicato alla progettazione della vettura, di chi la deve guidare e di chi deve fare in modo che le persone giuste siano al posto giusto nelle migliori condizioni per fare il proprio compito. “Il gruppo è lo stesso che nella prima parte del 2011 aveva un rendimento non buono: poi siamo intervenuti sulla vettura, semplificando certe scelte funzionali come la geometria dei mozzi e gli attacchi dei carrelli, e nella seconda parte della stagione siamo stati costantemente fra i primi. All’inizio del 2012 abbiamo fatto un altro passo avanti con l’introduzione dei dadi solidali con il cerchio e di nuovi materiali, risultando subito molto competitivi e abbiamo proseguito su questa strada anche in questa stagione. Abbiamo cercato di migliorare le aree dove c’era del margine, portando in gara un nuovo carrello anteriore e introducendo lo sgancio automatizzato sia all’anteriore che al posteriore, rivedendo la logica di funzionamento del semaforo e intensificando la preparazione fisica della squadra”.
I tempi dei pitstop si stanno abbassando progressivamente da quando non sono più legati al rifornimento benzina, come conferma l’ingegnere bolognese: “Se nel 2011 un buon pitstop era sotto i 3”5 e uno eccezionale sotto i 3”, nel 2012 la media era scesa a 2”8 e la straordinarietà a 2”4. Oggi siamo a una media di 2”48 – parlo sempre di operazioni completate al semaforo verde – e poi si arriva ai limiti fatti registrare a Suzuka, tanto per citarne un esempio. Un importante aiuto, valido per tutti, è intervenuto nelle ultime gare, con l’uniformazione del limite di velocità in pitlane a 80 km/h dal venerdì al sabato: in questo modo tutti, meccanici e piloti, hanno potuto prendere i riferimenti sin dalla prima giornata di lavoro in pista”.
Sui limiti cui ci si può spingere in termini di tempo, Ioverno è chiaro: “In presenza di un regolamento costante credo che siamo vicini al limite, lo conferma il fatto che il differenziale fra quello che si raggiunge in allenamento e quello che si ha in pista è passato da cinque/sette decimi a quasi un decimo. Si può limare qualcosa nella sovrapposizione delle operazioni ma non credo si possa fare molto. Ben diverso sarebbe se ci fosse totale libertà, sia come tecnologia che come risorse umane. Mi spiego meglio: se si potesse disporre ad esempio di sollevatori automatici in grado di permettere di iniziare lo svitamento e l’avvitamento con la vettura ancora in movimento oppure se si potessero utilizzare meccanici solo ed esclusivamente adibiti a queste operazioni, con una costituzione fisica ad hoc per ogni ruolo allora sì che i tempi si ridurrebbero in maniera significativa”.
Questa è fantaF1, almeno per ora: intanto godiamoci lo spettacolo di un pitstop in meno di due secondi!
Barbara Premoli