di Sandro Colombo, Edizioni ASI, Libreria Automotoclub Storico Italiano. Formato cm 24 x 28, pagg. 222, illustrazioni in b/n. Prezzo al pubblico: 29,00 euro IVA inclusa. SCONTO del 15% per acquisti online (escluse spese di spedizione). Per ogni altra informazione su questo argomento: www.asiservice.it, sezione LIBRI.
Oggi, nell’industria dell’auto, si parla spesso di “piattaforme”, cioè le basi tecniche comuni (telaio, motore, sospensioni) utilizzate per realizzare famiglie di prodotti, anche di Marchi diversi (Alfa Romeo e Jeep, ad esempio). Ebbene: la Bianchi già nel 1925 presentava la S4, primo tentativo di “mettere ordine” in una produzione composta fino a quel momento quasi sempre da singoli modelli, ogni volta modificati e migliorati rispetto al precedente. Con la S4 (che diventerà poi S5) nasce invece un autotelaio abbinato a un motore 4 cilindri di quasi 1.300 cc, che poteva ospitare carrozzerie diverse: da 3 a 6 posti, con postazione di guida aperta o inglobata nell’abitacolo, in versione spider o cabriolet. Oggi le “alleanze” produttive sono cosa normale: la Bianchi avviava già nel 1934 la produzione di veicoli industriali su licenza Mercedes, utilizzando fin da subito un motore della Casa tedesca. Oggi tutte le Aziende automobilistiche puntano a conquistare i mercati più ricchi, ad esempio quello degli Stati Uniti: nel 1959 l’Autobianchi Bianchina “tipo 140 B” adottava alcuni particolari di carrozzeria realizzati apposta per il mercato di oltreoceano, lo stesso cui ambisce oggi la Fiat con la gamma 500… Come spesso accade, dunque, quelle che oggi sembrano (o ci vengono illustrate…) come grandi intuizioni, sono in realtà soluzioni già inventate e/o adottate da lunghissimo tempo. La conoscenza del passato è dunque fondamentale, per immaginare e costruire il futuro.
È una delle considerazioni che nascono dalla lettura di questo volume dell’ingegner Sandro Colombo, un’autorità riconosciuta nella tecnica motoristica. Il libro racconta la storia della Bianchi, Casa nata nel 1885 dalla volontà di Edoardo Bianchi, rimasto orfano di padre a 4 anni, diplomatosi meccanico in un istituto benefico per ragazzi sfortunati, che a soli 20 anni apriva un’officina dove costruiva anche alcune biciclette. Grazie a questa esperienza nasceranno poi tricicli a motore che si evolveranno in quadricicli, fino alla costruzione della prima vettura, che fonti non certissime datano 1901.
La Bianchi diventerà poi Autobianchi nel 1955 (in seguito a una alleanza a tre, con Fiat e Pirelli), per entrare nel 1968 nel “Gruppo Fiat”, sotto l’insegna Lancia. Fino al 1996, quando anche il semplice marchio terminerà di esistere. Un’Azienda che si è occupata nel tempo di biciclette, motociclette, vetture e veicoli pesanti. Una Marca gloriosa, anche se sfortunata, che diede vita alla Bianchina nel 1957, alla A112 nel 1969, alla Y10 nel 1985: modelli che hanno contribuito a scrivere la storia dell’automobile in Italia.
Se Fiat si è sempre dedicata ai modelli “di massa”, Lancia alle vetture di gamma alta e Alfa Romeo ai modelli più sportivi, Bianchi produceva invece auto “de padrun de cà” (cioè da “padrone di casa”, inteso come cliente di sostanza e senza fronzoli, che badava soprattutto al sodo). Una nicchia forse troppo ristretta, dove la necessità di offrire prezzi contenuti rispetto alla qualità proposta comportava ricavi scarsi, che impedirono una vera crescita dell’Azienda. La Bianchi dunque non riuscì mai a imporsi veramente sul mercato, scosso per di più da due conflitti mondiali a distanza ravvicinata.
Noi parliamo qui del volume dedicato alla produzione automobilistica (presentato a luglio 2013), ma lo stesso autore ha scritto anche “Le Moto della Bianchi”, edito nel 2012 sempre dall’Automotoclub Storico Italiano. Auto e moto sono due “mondi” separati, ma la lettura di entrambe le opere renderà sicuramente più completa l’informazione sulla Casa.
Il libro Bianchi/Autobianchi è arricchito da moltissime illustrazioni, tutte in bianco e nero, dedicate quasi esclusivamente alle vetture, e in parte decisamente minore ai veicoli industriali, sia leggeri che pesanti: una proporzione, anche visiva, che rispecchia pienamente i “pesi” che le produzioni ebbero nella vita aziendale. Grazie alle tante fotografie, ci scorre sotto gli occhi l’evoluzione continua delle carrozzerie: da quelle iniziali più squadrate, a quelle successive con gli spigoli arrotondati e le lamiere più curve, introdotte a partire dalla serie S5 del 1930; dal posto guida scoperto a quello inglobato nella carrozzeria completa; dai modelli “per ecclesiastici” (con le porte ad apertura centrale per facilitare l’ingresso con l’abito talare), alle bellissime versioni coupé, fino alle varianti bicolori per le versioni più “lussuose”. Molto ricca anche l’informazione sui dati tecnici dei tanti modelli, ma questa parte è riservata a un pubblico più esperto ed appassionato.
Quasi 100 anni di storia, dunque, che possiamo leggere come se fosse divisa in due parti. La prima lunga poco più di 50 anni, che termina con la nascita della Bianchina. In quel periodo, a grandi investimenti successivi non corrisponde un pari successo commerciale: le vetture costano care e le vendite non sono soddisfacenti (nel 1910, ad esempio, Fiat produceva 1.698 vetture, contro le 405 della Bianchi). Dopo la prima guerra mondiale, invece, chi poteva permettersi l’acquisto di un’automobile pretendeva modelli lussuosi e non si accontentava di una qualità “media”, mentre il mercato dei prodotti popolari era monopolio della Fiat, così la Bianchi doveva accontentarsi della parte di mercato che rimaneva.
La seconda parte racconta invece dell’ingresso definitivo nel Gruppo Fiat, che però sembra considerare Autobianchi una sorta di “corpo estraneo”: non riesce (o forse non vuole) inglobarlo del tutto e non arriva comunque il successo commerciale sperato. Autobianchi prova anche a distinguersi grazie ad alcuni “esperimenti”, che non portano però risultati eclatanti: nel 1963 viene prodotta la “Stellina”, una spider dalla carrozzeria filante ed accattivante ma realizzata in vetroresina, materiale che “spaventa” clienti e carrozzieri e viene presto soffocata dalla Fiat, che risponde con la più tradizionale e altrettanto bella 850 Spider. Nel 1964 viene presentata la gamma della “Primula”, prima vettura del Gruppo con trazione anteriore: era una soluzione malvista dai tecnici Fiat, che l’Amministratore Delegato Vittorio Valletta comunque autorizza, purché esca con un marchio diverso da quello della Casa madre… La gamma della Primula arriverà ad essere veramente completa, con carrozzeria a 2, 3, 4 e 5 porte, ma nessuna di queste scalderà il cuore dei clienti.
Una storia lunga e importante, dunque, che rischierebbe di essere dimenticata se non ci fossero libri come questi. Così la memoria può tornare a vetture che molti di noi hanno ammirato e magari posseduto e guidato. Sopra tutte,forse, la Y10: quella che Catherine Deneuve definiva in uno spot indimenticabile, più o meno 30 anni fa, “l’auto che piace alla gente che piace”…
Massimo Fiorentino