Pierfrancesco Favino e BMW Italia hanno avviato una collaborazione focalizzata su cultura, sostenibilità e dialogo tra uomo e tecnologia in occasione del lancio della nuova BMW X2 ispirato al claim “Make it real” dove il virtuale diventa reale. Il grande attore italiano ha dato la sua interpretazione del tema attraverso la lettura di un suo testo pensato in esclusiva per la serata alla House of BMW di via Monte Napoleone 12 a Milano.
“Vi voglio raccontare di una notte d’estate. Era quell’ ora della notte in cui finalmente il fresco si sostituisce alla calura insopportabile e la promessa di un sonno ristoratore si fa più concreta. Ma quella notte non era una notte qualunque. Era la notte del 20 Luglio e la voce di mio padre, come avevamo concordato , ci tirò giù dai letti.
Davanti al grande televisore del salotto, il divano su cui ci saremmo schierati. L’odore di fumo e le cicche nel posacenere dichiaravano che il letto, mio padre, quella notte, non l’aveva neanche visto. Assonnati, lui, le mie tre sorelle, mia madre ed io, ci preparavamo ad assistere a un evento che avrebbe cambiato per sempre la Storia dell’uomo. Solo che io ero ancora solo mia madre cioè mia madre era anche me insomma io sarei nato circa un mese dopo e solo più tardi avrei visto le immagini del primo uomo che ha camminato sulla luna.
Ora, io non so per quale assurda convinzione ma ho sempre pensato che essere nato in quell’anno facesse di me una sorte di uomo del futuro. Come se le gesta di Armstrong e dell’Apollo 11 avessero cambiato il mio patrimonio genetico, come se io fossi una specie di ultimo modello appena uscito sul mercato, il più fico possibilmente. Ancora oggi quando dico di essere nato nel 1969 , diciamo le cose come stanno un po’, me la tiro; sottendo involontariamente che ho visto la luce quando l’abbiamo vista tutti, come se ve l’avessi portata io, come se avessi dato qualche dritta io a quelli della Nasa. Vorrei tranquillizzarvi: so benissimo che non c’è nessuna ragione valida per sentirmi così e però, mi vergogno anche un po’ a dirlo , dentro di me questa cosa esiste.
Armstrong dietro al suo casco guardava il mare della tranquillità e io dal ventre di mia madre ero lì con lui , sulla luna : La Luna …Il sogno dell’uomo , delle sue poesie , delle sue canzoni , e io ci camminavo sopra. Ripeto , io lo so che questo non è reale, però mi piace crederlo. Così come mi piace pensare, in quello che ormai avrete capito essere un disturbo della personalità, che se io ho deciso di diventare attore un po’ lo devo ad Armstrong. Ditemi quello che volete. D’altronde tutti noi crediamo a quello che non esiste .
Provo a spiegarmi: c’è un famoso storico e antropologo che sicuramente conoscerete, Yuval Noah Harari, che dice che l’uomo è l’unico animale capace di credere a ciò che non vede, al mistero, alle storie. Pensateci. È l’unico essere vivente capace di rendere vero quello che non lo è e di crederci talmente tanto da arrivare a venerare ciò che non vede, a fare guerre per difendere ciò che solo ha immaginato, a superare il proprio limite per un’idea, per un sogno, per ciò che sente.
Ecco … in questo nascondiglio dell’immaginazione io ho deciso di passare la mia vita perché ancora oggi non ho trovato nulla che mi incuriosisca o che mi appassioni di più dell’esistenza degli uomini su questa terra e della loro ricerca della felicità. E allora, per aiutarli in questa lotta io ho scelto di mettermi di volta in volta nei loro panni o come meglio dicono gli inglesi, nelle loro scarpe, e camminare coi loro stessi passi, fino a sformare quelle scarpe anche col mio di passo, fino a credere di essere loro e renderli reali; ma non tanto per me ma soprattutto per chi mi guarda .
Nel teatro Kabuki, che è il teatro tradizionale giapponese, si impara un codice di gesti per illustrare delle azioni umane. Esiste un gesto per quasi ogni cosa. E pensate che esiste un gesto per illustrare l’azione del “guardare la luna” : in questo gesto l’attore indica un punto nel cielo con l’indice. C’era un grandissimo attore, di enorme talento che eseguiva questo gesto con una tale grazia ed eleganza che il pubblico lo adorava, “che movimento magnifico !”pensava in totale ammirazione. Gli spettatori osservavano la perfezione dell’esecuzione e l’abilità tecnica dell’attore con grandissima fascinazione.
C’era poi, un altro attore, che indicava la luna con lo stesso movimento. Solo che il pubblico all’improvviso non era più concentrato sull’eleganza del gesto, sulla grazia del movimento: perché con quell’attore, il pubblico, semplicemente, vedeva la luna. Perché era vera per lui e quindi anche per loro. E se quel giorno in cui il pubblico vide quella luna fosse stato il 20 Luglio del 1969 per la prima volta avrebbe creduto di vedere anche un uomo guardare in giù. E se si fosse fatto silenzio, avrebbe perfino potuto sentire la sua voce, gli avrebbe sentito dire: “Quando si osserva la terra da quassù, la sua atmosfera non si vede. È sottile, è una parte minuscola, quasi non si riesca a rilevare . E’ piccola ma è una risorsa molto preziosa. Impariamo a conservarla, usiamola con saggezza”.
Questo avrebbe sentito il pubblico quella notte se ci fosse stato silenzio. Tutto questo è frutto della mia fantasia direte voi. Solo che quelle parole, Armstrong le scrisse davvero appena tornato sulla terra. E allora, visto che l’uomo è l’unico animale che crede a ciò che non vede. “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”. Mi sa che è tempo di rendere questo discorso reale. TIME TO MAKE IT REAL”