In molti conoscono Lucio Cecchinello semplicemente per essere a capo del suo Team Honda LCR (Lucio Cecchinello Racing) in MotoGP. Ma nel motociclismo non esiste nessuno come Cecchinello, con la sua esperienza da meccanico e pilota. Oggi, nel 2022, un percorso sportivo e professionale come il suo non sarebbe possibile. “Vidi quei grandi camion, i camper, i piloti. C’erano Loris Reggiani, Luca Cadalora, Wayne Rainey, John Kocinski e Kenny Roberts, che allora era un dirigente. Sentii i meccanici riscaldare i motori a due tempi. Mi venne la pelle d’oca. Fu in quel momento che decisi che era quello il posto in cui volevo passare la mia vita“.
Sono passati quasi trent’anni da quando Lucio ha mosso i primi passi nel paddock del Motomondiale come pilota. Ha corso in pista per 10 anni nella classe 125 del Motomondiale, per la maggior parte come pilota e direttore del suo team, conquistando 19 podi e 7 vittorie e, anche se non ha mai vinto un campionato mondiale, è stato uno dei migliori di sempre nella classe 125.
“Provavo un’attrazione speciale per le moto“.
Tra i primi ricordi di Cecchinello ci sono le uscite in scooter con il padre. Dare ogni tanto un po’ di gas gli è bastato perché questa passione lo conquistasse, così come il vento tra i capelli.
“Mio padre è stato la più grande ispirazione della mia vita. Mi ha insegnato a usare gli attrezzi e ad aggiustare le cose. Gli chiesi di comprarmi un motorino nuovo e lui ne prese uno dall’autodemolitore, era una carcassa”. La ricostruzione di quel motorino è stata la prima esperienza di Lucio nel, come dice lui, “ridare vita alle cose“.
Da lì, la sua passione per le motociclette non ha fatto che aumentare. Da ragazzino i suoi genitori non gli hanno mai dato il permesso di gareggiare e questo è stato l’unico punto di conflitto con il padre. L’unico modo per alimentare la sua passione era modificare le moto degli amici fino a che non fosse stato grande abbastanza da riuscire a gareggiare in pista, una storia che non appartiene ai piloti professionisti di oggi:
“La mia carriera motociclistica è un po’ diversa da quella di altri piloti. Avevo una Honda NS 125F. Ero con la mia fidanzata nella zona industriale di Bologna, correvo in una sorta di circuito e mi cronometravo. Cercavo sempre di abbassare il mio tempo. Volevo davvero diventare un pilota e nonostante avessi la moto – con cui dopo alcune modifiche avrei potuto farlo – non avevo i soldi. Quindi mi venne un’idea: la mia fidanzata voleva comprare una moto, così le vendetti la mia… e le chiesi se avrei potuto prenderla in prestito, modificarla e iscrivermi a qualche gara! È così che ho iniziato!”
Il suo sguardo furbo lascia intendere che forse non era proprio il tipo di accordo che la ragazza si aspettava. Per Lucio Cecchinello, potrebbe essere stata la sua entrata da pilota indipendente nel mondo motociclistico a invogliarlo a sua volta a “dare una possibilità a un pilota che merita di essere aiutato“, come il quattordicenne Casey Stoner:
“È molto stimolante. Come Casey, lo abbiamo inserito nel Motomondiale a 14 anni e siamo arrivati secondi (Motomondiale classe 250, 2005), lo abbiamo portato alla MotoGP e abbiamo raggiunto la prima pole position e il primo podio. È una sensazione inebriante. È possibile che senza il Team LCR non avrebbe fatto la stessa carriera!”
Lucio e il suo Team LCR sono arrivati ai massimi livelli con Casey e con la stessa Casa motociclistica che gli ha instillato l’amore per i motori: la Honda.
“Nell’immaginario mio e della mia generazione, se avevi una Honda eri un ‘tipo giusto’. Honda era, e credo sia tutt’ora, leader sul fronte della tecnologia. Sono da sempre un appassionato del marchio Honda e ammiro enormemente il lavoro di Soichiro Honda. Mi sarebbe piaciuto conoscerlo. La prima moto che ho avuto a 16 anni era una NS 125F. Era una moto da strada, ma aveva una carena da corsa e un motore potente. Purtroppo, non è nella mia collezione, ma la sto cercando!”
Cecchinello ha esordito con la Honda ed è stata la Honda a portarlo ai massimi livelli anche della sua carriera professionale.
“Quando vinci una gara come pilota è un’emozione molto più grande, certo, ma è stata fortissima anche quando abbiamo vinto la nostra prima gara in MotoGP. Ricordo ancora il commentatore TV all’arrivo: ‘Carl Crutchlow ha riscritto la storia! La vittoria di Crutchlow è arrivata 35 anni dopo quella di Barry Sheene, l’ultimo pilota inglese a vincere!’ WOW!”
Ma come chiunque altro che abbia già fatto tutto, c’è ancora una cosa che spinge Lucio a lavorare ogni giorno con la stessa determinazione: “È la mia passione. Per la tecnologia, la velocità, la sfida contro il cronometro, i festeggiamenti per le vittorie e i podi. È un insieme di emozioni che fanno parte di me e non riesco a immaginare come potrei farne a meno“.
Forse è per questo che non permette a nessuno di prendere in considerazione la possibilità di vendere il team, cosa che gli è stata proposta tre volte nella sua carriera da dirigente. Alle spalle della sua scrivania, nella sede del team dove si tengono le riunioni, c’è una stampa enorme della foto che lo ritrae appoggiare la fronte sul trofeo in quel pomeriggio estivo del 2016 nella Repubblica Ceca. Non si tratta di soldi. I soldi non possono comprare le emozioni che una gara motociclistica ti regala.