Correva l’anno 1961 quando Jaguar lanciò la E-type, una delle auto più iconiche di sempre. Ed è giusto che Jaguar Classic, il reparto della Casa che si occupa dei restauri e della produzione dei ricambi per i modelli d’epoca, stia rimettendo a nuovo sei coupé e sei roadster, che saranno vendute in coppia a sei appassionati pronti a spendere. La E-type è conosciuta (e ammirata) in tutto il mondo, Italia inclusa: al lancio, Enzo Ferrari la definì “l’auto più bella mai costruita” e le famose sorelle Giussani ne fecero guidare una tutta nera al personaggio principale dei loro racconti: Diabolik. La ricetta era geniale: costava meno della metà delle rivali costruite in modo artigianale, pur essendo la GT di serie più veloce in assoluto (oltre 240 km/h di punta). Aveva linee che rappresentavano un balzo nel futuro, funzionali e al contempo una gioia per gli occhi. Frutto dell’abilità del designer e ingegnere aeronautico Malcolm Sayer, che aveva trasferito in un’automobile le competenze acquisite in precedenza progettando velivoli.
A un’auto con queste performance non possono mancare pneumatici che ne mantengano l’eleganza originale con le soluzioni tecnologiche dei nostri giorni. Infatti, per i diversi modelli di Jaguar E-type che si sono susseguiti nel corso di questi 60 anni, sono disponibili i pneumatici della gamma Pirelli Collezione nelle misure 185 R15 con il Cinturato CA67 per le prime serie, nelle misure 205/70 R15 con il Cinturato CN12 e i P5 per quelle successive. Gli ingegneri Pirelli hanno usato gli stessi parametri che i designer del veicolo hanno impiegato all’epoca, ma sfruttando il patrimonio di conoscenze moderne relative a materiali e processi produttivi. Il risultato è una miscela di performance, stile e autenticità. Per disegnarli, sono stati fondamentali le immagini e i materiali messi a disposizione dalla Fondazione Pirelli, in cui è conservata la documentazione relativa a progettazione, sviluppo e industrializzazione di tutti i pneumatici Pirelli nel corso degli anni: disegni stampo originali, studi sul battistrada, specifiche tecniche di prova, documenti omologativi, oltre che listini prezzi e cataloghi.La E-type ha forme morbide e slanciate, dove l’eleganza è data dall’assenza di orpelli e da un cofano lunghissimo che regala subito l’impressione di potenza e dinamismo. Ma non è solo l’esterno ad appagare la vista: lo è anche l’abitacolo, di sobria sportività, e lo è persino il motore. Il monumentale sei cilindri in linea, ha i coperchi delle valvole lucidati, i tre carburatori da un lato e i grandi collettori di scarico dall’altro. Il successo al debutto arrivò solo al termine di una lotta frenetica contro il tempo per garantirne la presenza al Salone di Ginevra 1961. L’esemplare dimostrativo fu completato davvero all’ultimo. Scartata la bisarca, troppo lenta, la E-type coupé viaggiò su strada da Coventry a Ginevra guidata da Bob Berry; il responsabile della comunicazione (ed ex-pilota) mise alla frusta tutti i 265 Cv e riuscì ad arrivare, il 15 marzo, con soli venti minuti di anticipo rispetto all’orario stabilito per la presentazione ai giornalisti. Ad accoglierlo con malcelato sollievo trovò il fondatore della casa inglese, William Lyons: “Pensavo che non saresti mai arrivato qui”, furono le sue parole. Quel giorno tutto filò liscio, ma giunsero così tante richieste di poter provare la E-type che Lyons decise di far arrivare anche una versione con il tetto in tela, dando vita a un’altra leggenda: telefonò a Coventry e disse di trovare “ovunque fosse” Norman Dewis, il capo collaudatore, e di fargli “mollare tutto”, per portare la roadster il prima possibile. Dewis partì immediatamente per la Svizzera, arrivando il mattino successivo, con una media di 110 km/h: sembrano pochi, ma all’epoca non c’erano autostrade (e soprattutto l’Eurotunnel). Alla chiusura del Salone, comunque, la Jaguar aveva già un portafoglio di oltre 500 ordini (e nel corso degli anni produsse 72.000 E-Type).In quei giorni frenetici del Salone di Ginevra del 1961, destinati a restare nella storia della marca, si rifanno le dodici E-type 60 Edition di Jaguar Classic, che prendono il nome dalle targhe delle vetture di allora: le sei coupé “9600 HP” e le sei roadster “77 RW” sono verniciate rispettivamente nei colori grigio “flat out” (ossia “a tutto gas”) e verde scuro British Racing Green “drop everything” (“molla tutto”). Pur nel sostanziale rispetto delle caratteristiche originarie, hanno dettagli che le rendono uniche: il logo E-type 60 ripetuto in alcune parti (come il cofano e il tappo del serbatoio), la copertura del tunnel in acciaio inox intagliata (in oltre 100 ore di lavoro) dall’artista Johnny Dowell “King Nerd” per ricordare il percorso compiuto da Berry e Dewis e il pulsante del clacson con inserti in oro a 24 carati.Ci sono poi una serie di modifiche invisibili, ma che rendono le 60 Edition più adatte ai giorni nostri. Si tratta di un radiatore in alluminio con ventola elettrica per evitare surriscaldamenti anche dopo ore di coda, dell’accensione elettronica per garantire partenze rapide anche a bassa temperatura, di un impianto di scarico in acciaio inox per evitarne l’ossidazione anche dopo molti anni e di un cambio a cinque marce con tutti gli innesti sincronizzati e i rapporti ravvicinati (al posto del quattro marce con prima priva di sincronizzatore). Ultima chicca: il navigatore con Bluetooth di Jaguar Classic, che nasconde la tecnologia di oggi dietro il look di una radio anni 60. Curiosità: la Casa inglese sta organizzando un evento al quale parteciperanno le E-Type 60 Edition: guidate dai proprietari e dai loro ospiti, nell’estate del 2022 ripeteranno il percorso Coventry-Ginevra. Ma non dovranno certo completarlo a tempo di record, come i mitici Berry e Dewis nel 1961, quanto piuttosto godersi la traversata della Francia.www.pirelli.com