In questo mese di luglio, il 10, ricorreva l’anniversario della nascita di Nikola Tesla, l’ingegnere “scienziato pazzo”, nato austro-ungarico nel 1856 e poi naturalizzato statunitense, famoso nel bene e nelle stranezze, padre della corrente alternata e dell’elettromagnetismo, tanto che oggi col suo nome si indica l’unità di misura relativa.
In Italia egli non è noto, forse per certe sue controversie con Guglielmo Marconi a proposito della radio e del relativo brevetto e, similmente, con Galileo Ferraris a proposito del campo magnetico rotante; ma in tutto il resto del mondo gli vengono tributati grandi onori e riconoscimenti. Gli si intestano piazze, compare sulle banconote e, giustamente, oggi, una fabbrica di vetture elettriche porta il suo nome: la Tesla Motors.
La vettura finora prodotta è contestata (definita un “bidone” da un istituto specializzato) come contestato fu in vita lo scienziato, geniale ma strano.
Scapolo, amante dei piccioni, ossessionato dal numero 3 (faceva tre volte il giro delle piazze), ricchissimo nullatenente, rivale di Edison, denigratore di Einstein, mantenuto fino alla fine dei suoi giorni (1943) in una lussuosa suite d’albergo di New York dalla Westinghouse, che ne utilizzava i brevetti, si può dire anche padre di certa fantascienza. Infatti tanti pseudonarratori, in stampa e in video, hanno associato il suo nome alle più strampalate teorie ufologiche e armi fantascientifiche, condite con misteriose congiure delle multinazionali del petrolio, che però, guarda caso, non riuscirono ad ammazzarlo, tanto è vero che morì di morte naturale a 86 anni.
Un suo sedicente nipote (tale Petar Savo) racconta che nel 1931 Tesla gli avrebbe mostrato e messo a disposizione un’auto elettrica straordinariamente efficiente e funzionante senza batterie, dato che l’energia le arrivava dal cosmo. Questa è una vera “bufala” ma s’inquadra nella mitologia dell’inventore che riteneva che l’elettricità, dato che si trasmette attraverso la terra, potesse farlo anche nell’atmosfera, senza bisogno di fili. La vettura aveva un motore a corrente alternata, né poteva essere altrimenti trattandosi del prodotto del più grande sostenitore di quella che poi è realmente la forma di energia che arriva alle nostre case: egli aveva ragione e non Edison, sostenitore della corrente continua (che alla fine si pentì di essersi opposto a Tesla).
Bene, anche oggi, come molti sanno meglio del sottoscritto, le vetture elettriche (e anche quelle ibride) possono avere motori a corrente continua o a corrente alternata ma vengono tutti alimentati da batterie. Cioè da accumulatori di energia elettrica in forma continua: la corrente alternata non può essere immagazzinata. Allo stato attuale dunque per caricare le batterie dalla rete domestica o anche dal generatore di bordo, occorre un trasformatore-raddrizzatore che abbassi la tensione e “raddrizzi” (metta in “continua”) la corrente. Poi, se il motore è a corrente alternata, occorre un “inverter” che, dalla batteria, riproduca la corrente alternata. Complicato? Non tanto, perché con l’elettronica si fa di tutto a livello di comandi, cioè a livello di gestione dell’energia (non di produzione, ed è per questo che ci vogliono le batterie).
A ben vedere nell’elettronica c’è una specie di rivincita di Edison nei confronti di Tesla. Solo sul piano teorico: in vita il “povero” Tesla non ebbe gli onori e la fortuna del sopravvalutato rivale. Fatto sta che i transistor e tutti gli altri elementi dei circuiti vanno a corrente continua, tanto è vero che i fili di ricarica dei computer e dei telefonini, i televisori, eccetera, hanno tutti un piccolo trasformatore/raddrizzatore per passare dalla presa di corrente domestica (energia alternata) all’attacco dell’utilizzatore elettronico, che ha in sé una piccola batteria, molto simile a quella che, in dimensioni proporzionali, si trova a bordo dei veicoli elettrici. Finora, perché domani sulle auto, se prendessero piede le “fuel cell”, molto potrebbe cambiare.
Carlo Sidoli – Crisalide Press – www.crisalidepress.it