La gara di domenica, nell’ultimo giro, ci ha fatto sobbalzare e rimanere col fiato sospeso quando ci siamo accorti che era esplosa l’anteriore sinistra di Lewis Hamilton. Di mestiere e da campione, Lewis è riuscito a portare la monoposto al traguardo in prima posizione e vincere il gran premio di casa a Silverstone. La Mercedes, tramite Twitter, ha tenuto a farci sapere che Lewis su tre ruote ha affrontato l’Hangar Straight a 230 km/h. Follia? Pazzia? Genio? Sinceramente un’impresa epica che resterà nella storia.
So we were looking through the data from yesterday (don’t @ us, we know we’re nerds) and Lewis did 230 km/h down the Hanger Straight on the final lap… 😮
With three tyres.
230 km/h.
With.
Three.
Tyres.
😵😵😵 pic.twitter.com/1OCNpqQsHs
— Mercedes-AMG F1 (@MercedesAMGF1) August 3, 2020
Prima di Lewis, a tagliare il traguardo su tre ruote ricordiamo Clark e Johansson. Nel GP di Germania 87 Johansson arriva secondo, dietro a Piquet, a bordo della Mp4/3 con l’anteriore destra scoppiata. Stefan riuscì a fare metà tracciato e affrontare l’impegnativo tratto del Motodrom con una monoposto al limite della governabilità.
Clark nel 1967, nel GP degli Stati Uniti a Watkins Glenn, vince davanti a Graham Hill, ma riesce in un’impresa storica forse ancora più grande di Lewis e Stefan. Jim infatti riuscirà a portare al traguardo negli ultimi due giri una monoposto che aveva la sospensione posteriore destra rotta con un braccetto staccato dal puntone di fissaggio.
Ma quante altre gare abbiamo visto con finali incredibili all’ultimo giro che sono rimasti nella storia? Vogliamo parlare di Jack Brabham a Sebring nel 1959, Mansell a Detroit nel 1984, Prost in Germania nel 1986 o De Cesaris in Messico nel 1991? Piloti che scendono dalla monoposto e la spingono fino alla linea del traguardo? Per Brabham, addirittura, quella spinta della sua Cooper T45 gli valse il primo Mondiale. L’australiano è al comando ma proprio nel fantomatico ultimo giro finisce la benzina che era stata calcolata appositamente al limite per avere l’auto più veloce. Jack scende dalla vettura e la spingerà sul traguardo fino al quarto posto. Tanto “basta” per dargli la vittoria nel campionato del mondo. L’uomo che si ribella alla macchina.
Brabham si frega invece con le proprie mani a Monaco 1970 dove sbaglia all’ultima giro, anzi all’ultima curva perché, per difendersi da Rindt, decide di prendere una traiettoria diversa dal solito, più protettiva, ma frena nello sporco, va lungo e incastra la sua Brabham tra le balle di paglia… Rindt taglia il traguardo primo nello stupore di tutti, anche del direttore di pista che non gli sventola la bandiera perché aspettava Jack…E pensare che proprio Rindt aveva deciso di tirare i remi in barca nell’ultimo giro per accontentarsi del secondo posto.
Il duello Senna contro Mansell a Jerez nel 1986? Con i due separati da pochissimi millesimi sotto la bandiera a scacchi? Un arrivo che ricorda molto quello in volata di Monza dove Gethin vince su Peterson, Cevert, Hailwood e Ganley. I primi cinque sono nello spazio di 6 decimi.
Stessa cosa successe sempre a Monza nel 1969 con Stewart che relega Rindt, Beltoise e McLaren in due decimi di secondo. Oppure la lotta tra De Angelis e Rosberg in Austria nel 1982. Hamilton, in Austria nel 2016, che va a prendersi la vittoria su Rosberg che era in testa all’ultimo giro attaccandolo di forza alla seconda curva? Canada 2011 è un capolavoro di guida di Button che su McLaren va a metà giro dalla fine superare Vettel in piena crisi di pneumatici su pista che si stava asciugando. Suzuka 2005 un Raikkonen indemoniato va a superare il nostro Fisichella all’inizio dell’ultimo giro in curva 1 quando ormai l’italiano si stava pregustando la vittoria. E senza DRS.
I colori italiani hanno un rapporto dolce amaro con l’ultimo giro. In Francia nel 1990 Capelli su Leyton House perde il primo posto a favore di Prost quando ormai l’impresa storica era lì a pochi km. E pensare che nel gran premio precedente non si era nemmeno qualificato. Il sorriso per gli italiani arriva però a Montecarlo 82, con Patrese che coglie la sua prima vittoria iridata nel famoso ultimo giro in cui la leadership passa di mano tre volte… Tra chi rimpiangerà per sempre quell’ultimo giro ci sarà il nostro De Cesaris con la sua Alfa che si ammutolisce anch’essa nel giro finale nella sua più grande occasione di vittoria.
E Baghetti? Non dimentichiamoci dell’impresa, unica ancora oggi, del nostro Giancarlo a Reims nel 1961 dove riesce a superare Gurney nel rettilineo finale. Sarà la sua prima vittoria e anche unica… Ma resterà nella storia perché ottenuta all’esordio in F1 (non tenendo conto della gara inaugurale della F1, ovviamente).
Per tornare nell’epoca moderna abbiamo la McLaren di Hakkinen che resta ferma a Barcellona 2001 o Hill su Arrows in Ungheria 1997 che vede sfuggire di mano una vittoria certa per una panne idraulica spalancando le porte a Jacques Villeneuve che di quei punti in più avrà gran bisogno a fine anno per diventare campione del mondo. In Canada nel 1991 Mansell stava già salutando il pubblico quando all’uscita dell’ultimo tornante la sua Williams per un guasto elettrico si ferma. Passa e ringrazia Piquet che va a vincere su Benetton.
Senna a Suzuka nel 91, a Mondiale acquisito, con Mansell fuori gara decide di regalare la vittoria a Berger che per due anni lo aveva aiutato ma non aveva ancora vinto in McLaren. All’uscita dell’ultima curva Ayrton alza il piede e lascia passare Gerhard che sulle prime si incazza, perché non vuole vincere così, ma poi capisce che il gesto di Magic era leale e non elemosina.
Un altro dramma dell’ultimo giro è quello che vive Depailler in Sudafrica nel 78 con la sua Tyrrell che resta senza benzina a favore di Peterson. Peterson che era tra i beffati della volata del GP d’Italia 1971.
Chi non si ricorda di Austria 2002? Il GP in cui fu ordinato a Barrichello di far passare Schumacher perché il contratto tra le parti recitava così. E Rubinho che fa passare sì il tedesco, ma frenando sulla linea del traguardo. Il pubblico e il mondo tutto si sentì preso in giro quel giorno. Anche perché Schumacher per vincere il Mondiale non aveva bisogno di vincere quella gara in quel modo tanto era superiore. Come se non bastasse a Indianapolis, sempre nel 2002 va in scena una quasi replica del GP d’Austria con il duo ferrarista che sbaglia l’arrivo in volata e la vittoria invece di andare a Schumacher va a Rubens… Chiamatela se volete compensazione, dalla Ferrari giurano che Rubens non diede un colpetto di gas quel giorno.
Imola 82 resta e resterà una macchia indelebile nella storia della Rossa che dai box non riesce a gestire la lotta in pista tra Villeneuve e Pironi. Gara senza i team garagisti alla partenza in piena lotta FISA-FOCA , il gran premio negli ultimi giri diventa uno show tra i due ferraristi. Gilles è convinto che la vittoria spetti a lui. Con Pironi, negli ultimi giri si supera e ri-supera convinto che alla fine il francese lo scorti al traguardo come lui faceva con Scheckter. Tanto lo spettacolo lo stanno facendo per il pubblico. Invece dai box non danno nessun segnale, se non un cartello che appare con la scritta SLOW. Che vuol dire SLOW? Le comunicazioni radio allora non esistevano. Dici piano… A due del genere? La frittata è bella che servita. Pironi nell’ultimo giro ruba la vittoria a Gilles che furioso manco vorrebbe salire sul podio. Lo convincerà Jackie Stewart.
Ma, signori e signori… è il pilota di ieri, oggi e domani che raccoglie la vittoria più immensa della storia del motorsport all’ultimo giro. Tazio Nuvolari in Germania nel 1935, al Nurburgring in casa di Hitler. Se ti chiami Tazio Nuvolari ogni impresa è possibile. Perfino quando la Germania nazista gli schiera contro cinque Mercedes-Benz di Von Brauchitsch, Fagioli, Lang, Geiger, Caracciola e l’Auto Union di Stuck. Il gran premio doveva essere una parata trionfale per le Case tedesche ma Nuvolari con la sua Alfa Romeo pressa lo squadrone teutonico per tutta la gara ed è lui che si presenta primo sul traguardo, non la Mercedes di Von Brauchitsch in crisi di benzina e con un problema alla gomma al Karussell. Pensate che l’organizzazione non aveva nemmeno l’inno italiano da suonare perché riteneva impossibile una sconfitta. Fu Tazio a consegnare la registrazione dell’inno agli organizzatori… lui ne teneva sempre una copia in borsa.
Riccardo Turcato