Quando fu inaugurato, nel 2008, il GP di #Singapore sollevò subito una serie di interrogativi: come faranno piloti e team ad adattarsi al fuso orario di una gara in notturna? Che succederà con le tempeste equatoriali? E l’illuminazione artificiale, sarà sufficiente? Dopo nove edizioni sappiamo che le preoccupazioni, al Marina Bay, sono altre. Almeno finora la pioggia non ha mai impedito di girare, i piloti non si sono mai lamentati per la visibilità (anzi) e adeguare il fisico e la mente al fuso orario è più semplice di quanto si pensi, visto che gli orari del weekend scambiano semplicemente il giorno con la notte.
Quali sono, allora, le insidie di Singapore? Innanzitutto quelle di un tracciato cittadino che può far pagare caro il minimo errore: lungo più di 5 chilometri ma con uno dei rettilinei più brevi di tutto il mondiale (appena 520 metri) e ben 23 curve da memorizzare, in gran parte a 90 gradi, dove serve soprattutto trazione in uscita. E poi lo stress, fisico e mentale, di una gara che regolarmente si avvicina al limite delle due ore e si corre in condizioni difficili perché, di notte, l’umidità rende il clima insopportabile negli abitacoli e nei garage. Le squadre devono sempre calcolare, nelle strategie, la variabile della safety car che finora è intervenuta in tutte le edizioni.
In tanti modi, la Scuderia Ferrari è stata spesso protagonista sul circuito della piccola Repubblica asiatica: dal sogno sfumato di Felipe Massa nella prima edizione, alla vittoriosa resistenza di Alonso su Vettel nel 2010, fino al trionfo dello stesso Sebastian, stavolta con i colori della Scuderia, nel GP di due anni fa e alla sua grande rimonta, dopo i problemi in qualifica, nel 2016. Ma non bisogna dare niente per scontato. A Singapore nessuno è favorito fino alla bandiera a scacchi…
Redazione MotoriNoLimits