Ti guardi indietro e 35 anni sono passati in un niente. Sembra ieri quell’8 maggio 1982, quando mio fratello Paolo arrivò piangendo. Gilles Villeneuve, l’incidente, non stavo guardando le prove e non riuscivo a mettere insieme le cose che diceva. Il suo pilota preferito. Poi purtroppo sì. Gli anni passano, Gilles resta. Resta nel monumento a Imola che lo ricorda, restano i suoi occhi, il suo sorriso, la tenerezza, le macchine distrutte, lo sguardo furbo, divertente, dolce, deciso e poi quello perso nel vuoto proprio sul podio del GP di San Marino 1982, quando ebbe inizio la fine. Resta l’emozione della prima volta in cui ho conosciuto Jacques e poi la consapevolezza che “era Jacques e non solo il figlio di Gilles”, un ragazzo, poi un uomo, altrettanto speciale, costretto a convivere con quell’eredità troppo pesante…
Gilles Villeneuve non ha mai ammesso mezze misure, è stato uno dei piloti più amati dagli appassionati, o lo si ama o lo si ignora. Uno che io ho sempre accostato a Marco Simoncelli: nel Sic rivedevo quella stessa fame di vita, di vincere sfide, di andare controcorrente, la stessa velocità, lo stesso sguardo. Carriere che chissà fin dove avrebbero potuto arrivare. Quella di Gilles si ferma a Zolder, per voler a tutti i costi abbassare il tempo, sfidando l’input dell’ingegner Forghieri “ne fai uno e rientri“. Una carriera durata solo 5 anni, dal 1977 al 1982, ma intensissima, fatta di corse spericolate, di coraggio, di incoscienza, di passione.
E un regalo per chi ha vissuto quegli anni e per chi ha solo visto i GP o letto articoli e libri sul canadese volante è la mostra “Wow Gilles!”, curata da Ercole Colombo e Giorgio Terruzzi, due nomi che non hanno bisogno di presentazioni. Inaugurata il 21 aprile e aperta fino al 16 luglio allo Spazio Oberdan di Milano, organizzata da ViDi, con il patrocinio di AC Milano, ripercorre la storia umana e sportiva di Gilles Villeneuve, attraverso oltre 170 fotografie di Ercole Colombo, reporter di sport tra i più apprezzati, una vita passata in Formula 1 dietro l’obiettivo delle sue reflex, utilizzate per ritrarre gli eroi del volante negli intensi momenti della gara e in quelli della vita privata. La rassegna è arricchita da alcune immagini provenienti dal Museo Villeneuve di Berthierville in Canada e dal motore della Ferrari 126CK Turbo 1981, oltre a una sezione con altri oggetti legati al suo mito.
Il percorso espositivo segue un doppio canale, in cui alle immagini di Colombo fanno da contrappunto i testi di Giorgio Terruzzi che accompagnano il visitatore lungo la vita, in pista e fuori, di Villeneuve. Il racconto inizia proprio nel 1950, anno della nascita di Gilles, e analizza il periodo della giovinezza, quando comincia ad articolare la sua passione per i motori, attraverso le scorribande notturne alla guida delle auto del padre, partecipando alle prime gare di accelerazione, quindi gareggiando con le motoslitte, grazie alle quali inizia a costruirsi una certa notorietà. Del 1973 è il suo debutto nel mondo delle monoposto: Formula Ford, Formula Atlantic, Formula 2, sino all’esordio in Formula 1 con una McLaren, nel GP di Gran Bretagna. Siamo nel 1977, l’anno della svolta: il 29 agosto, a Maranello, Villeneuve incontra per la prima volta Enzo Ferrari che, nel mezzo di un divorzio burrascoso da Niki Lauda, vuole ribadire la supremazia delle sue macchine rispetto al pilota. La trattativa è breve: Gilles debutta sulla Rossa il 9 ottobre in Canada. “Quando mi presentarono quel piccolo canadese“, ricordava Enzo Ferrari, “tutto nervi, riconobbi subito in lui il fisico di Nuvolari e mi dissi: dagli una possibilità”.
Con le sue fotografie, Ercole Colombo cattura appieno l’emozione del momento: quella in cui Ferrari lo avvolge in un abbraccio paterno è indescrivibile, va vista e si resterebbe a osservarla per ore, perché in ogni dettaglio si coglie qualcosa. La mostra raccoglie inoltre le immagini più significative e inedite di una carriera unica: dai primi, clamorosi incidenti che portarono al soprannome ‘Aviatore’ – visto che Gilles sembrava voler trascorrere più tempo in aria che sull’asfalto – alla prima vittoria, ottenuta sul circuito di casa nel 1978, al duello epico con René Arnoux nel GP di Francia a Digione, 1979.
Una lunga sequenza di sorpassi, azzardi, sbandate e contatti che fece nascere tra i tifosi ferraristi quella “Febbre Villeneuve” che mai li abbandonerà. E mentre si attraversano le varie sale, si è accompagnati dalla voce dell’ingegner Mauro Forghieri che in un’intervista a Giorgio Terruzzi racconta Gilles, pilota e uomo, fino a quell’ultimo GP, alle ultime parole che gli ha detto prima che entrasse in pista per fare quel maledetto tempo…
Oltre a documentare i pilota, Ercole Colombo testimonia la nascita di un mito vivente, un eroe dei nostri tempi, amato e ammirato per il suo stile tutto acuti ed esagerazioni, come il record di 2 ore e 45 minuti da Montecarlo a Maranello. “Faceva tutto a 300 all’ora“, disse Patrick Tambay, che rilevò il suo sedile dopo la sua morte. “Sciare, guidare il motoscafo o giocare a backgammon”.
Il percorso espositivo prosegue con la ricostruzione del suo annus horribilis, il 1982, con lo schiaffo morale ricevuto dal compagno di squadra Didier Pironi che, contravvenendo agli ordini di scuderia, lo superò all’ultimo giro del GP di San Marino a Imola, sino al tragico e ultimo volo a Zolder che segnò la fine della sua giovane vita. La mostra si chiude idealmente con la sala dedicata al figlio Jacques, che ha portato a termine una sorta di missione di famiglia, conquistando uno storico tris di vittorie: il campionato Cart americano, la 500 Miglia di Indianapolis e il campionato del mondo di Formula 1 nel 1997. La grandezza di Ercole Colombo e Giorgio Terruzzi per noi, per me, è ancora più forte alla fine del percorso: non c’è l’immagine che tutti abbiamo negli occhi, ma una splendida foto di Jacques con i gemelli Pironi, nati dopo la morte del pilota francese nel 1987 in una gara di motonautica, e cui vennero dati i nomi Gilles e Didier.
Il consiglio? Andate assolutamente a visitare la mostra, prendetevi del tempo, gustatevi ogni immagine (e sono tante, tantissime!), sedetevi in una sala dove scorrono le immagini Rai di quell’incredibile GP di Francia a Digione, con la telecronaca entrata nella storia di Mario Poltronieri. E all’uscita saprete sicuramente cosa scrivere sui grandi pannelli… un grazie immenso a Ercole e a Giorgio e a Gilles Villeneuve, perché 35 anni dopo è sempre qui e ci emoziona ancora. E pensiamo che il modo migliore per salutarvi siano le parole di Enzo Ferrari: “Villeneuve, con il suo temperamento, conquistò subito le folle e ben presto diventò… Gilles! Sì, c’è chi lo ha definito aviatore e chi lo valutava svitato, ma con la sua generosità, con il suo ardimento, con la capacità “distruttiva” che aveva nel pilotare le macchine, macinando semiassi, cambi di velocità, frizioni, freni, ci insegnava cosa bisognava fare perché un pilota potesse difendersi in un momento imprevedibile, in uno stato di necessità. È stato campione di combattività e ha regalato tanta notorietà alla Ferrari. Io gli volevo bene”.
Barbara Premoli – foto di Ercole Colombo