Se pensate che il Gran Premio di Singapore sia un’invenzione della Formula 1 contemporanea, dovrete ricredervi. Siete pronti? La genesi
Il GP di Singapore, con le sue luci innovative, i suoi concerti di livello mondiale e l’atmosfera cosmopolita del Far East racchiude tutto ciò che un moderno gran premio dovrebbe essere. In effetti, è più tagliente del bisturi di un chirurgo. Ma quello che pochi sanno è che c’è un circuito di Singapore che è molto più vecchio della pista moderna, che vide per la prima volta la luce del giorno (o, meglio, della notte) nel 2008. Come il suo illustre successore, il Thomson Road era un circuito cittadino vicino al centro, nel cuore pulsante di Singapore. E questa pista di 4,865 chilometri fu usata per il primo Gran Premio di Singapore, nel 1961. Ma non si trattava di una gara di Formula 1, bensì di Formula Libre – che (come il nome suggerisce) permetteva agli iscritti di guidare praticamente quello che volevano. Il primo vincitore fu Ian Barwell su una Aston Martin DB3S. Se quest’anno il Gran Premio di Singapore andrà bene per la Red Bull, c’è la possibilità che, 55 anni dopo, un’altra macchina con il logo Aston Martin sul muso possa trionfare lungo le strade tortuose, e la storia andrebbe curiosamente a ripetersi. Ma il circuito Thomson Road non era altrettanto tortuoso: sicuramente non se paragonato alle 23 curve dell’attuale layout. Erano solo nove le curve nell’intero giro, il che portò alla spaventosa velocità media di 152 km/h quando fu stabilito il record nel 1973.
Comprensibilmente questo significava grosse preoccupazioni per la sicurezza. Sotto molti aspetti, la pista era una specie di Nordschleife stradale dell’Estremo Oriente: c’era un lunghissimo rettilineo di partenza-arrivo chiamato il ‘Thomson Mile’, con un semi tornante a metà noto come ‘The Hump’ – dato che le macchine spesso decollavano se lo affrontavano a tutta velocità. In modo informale, era anche detto il ‘Murder Mile’, dato che ci furono sette morti (tra commissari e piloti) durante gli 11 anni in cui si corse il Gran Premio di Singapore, tra il 1961 e il 1973. E questo alla fine portò alla cancellazione dell’evento, dopo due gare consecutive con incidenti fatali. C’erano anche altri fattori: traffico e spettatori attorno alla pista stavano diventando sempre più difficili da gestire e la crisi petrolifera di Suez ebbe ulteriori ripercussioni. I nomi delle curve lasciavano poco all’immaginazione. C’era la ‘Snakes Bend’ – un settore veloce e tortuoso – oltre alla ‘Devil’s Bend’: un tornante a forma di V che era un vero e proprio test per abilità e coraggio. Il Gran Premio di Singapore era aperto anche alle moto, in un evento di quattro giorni che includeva auto di serie e d’epoca. Nei suoi ultimi anni il momento clou del programma era una gara della Formula 2 australiana, con l’ultimo evento del 1973 vinto da Vern Schuppan, al volante di una March-Hart. Al secondo posto avrebbe dovuto esserci il connazionale Malcolm Ramsay su una Birrana, ma l’australiano fu costretto al ritiro per motivi davvero insoliti, dopo che sassi sollevati dalla macchina di Schuppan forarono un serbatoio, inzuppando completamente Ramsay di benzina. Come ricordò Angus Lamont, il suo capo meccanico: “Malcolm continuò finché la benzina che gli bruciava le palle non lo costrinse al ritiro…”.
Da allora, Singapore ha visto una serie di incidenti insoliti, dai tubi del rifornimento rimasti attaccati (grazie alla Ferrari di Felipe Massa) all’elettricità statica di una linea del tram che mandò in tilt la Red Bull di Mark Webber. Ci sono cose che non sono mai cambiate, e l’imprevedibilità della gara di Singapore è una di queste. Quando il circuito di Thomson Road fu consegnato alla storia, al suo posto fu proposta una nuova pista permanente, che includesse anche un complesso sportivo. Ma non si realizzò mai e Singapore avrebbe atteso altri 35 anni prima di ospitare un gran premio. Thomson Road lasciò però un’eredità importante. Mostrò la capacità e la volontà dei ministri di Singapore di innovare e chiudere un’ampia parte delle strade della piccola nazione gestendo le inevitabili difficoltà. E, cosa ancor più significativa, mostrò in che modo il motorsport poteva contribuire a promuovere la nazione. Il concetto iniziale per la gara era parte della campagna del 1961 ‘Visit Singapore – The Orient Year’, ideata per portare per la prima volta il turismo nell’area. E da allora è stato fatto con successo, anche con l’aiuto del Gran Premio di Singapore nella sua ultima e spettacolare forma.www.pirelli.com