Le sfide sono la costante in Formula 1. Chi ha un ruolo in questo sport deve eccellere se vuole fare la differenza. E la sfida non è solo vincere ma anche mettere gli altri nelle migliori condizioni possibili per fare il proprio lavoro, oppure gestire nella maniera migliore alcuni dei momenti cruciali di un Gran Premio. Ovviamente, la sfida più bella, quella che affascina di più, è quella per la vittoria: a raccontarne la sua personale interpretazione nel sesto e ultimo episodio di “Box Box Box”, è Valtteri Bottas, che proprio in questo fine settimana si appresta ad affrontarne una speciale: quella del possibile passo d’addio alla competizione che più ha amato sin da bambino.
Oltre al finlandese del Stake F1 Team Kick Sauber, per discutere di sfide – e di tanto altro – con Tom Clarkson ci sono Rebecca Lee, la prima donna a ricoprire il ruolo di starter ufficiale dei Gran Premi, e Günther Steiner, che ha vinto la sua sfida creando una squadra di Formula 1 da zero e mantenendola viva da quasi un decennio come una delle protagoniste senza avere il supporto di nessuna casa automobilistica.
Nelle sue dodici stagioni in Formula 1, Valtteri Bottas ha attraversato la griglia dalla prima all’ultima posizione e viceversa, militando in team privati come Williams e Sauber con un intermezzo ricco di successi – dieci vittorie, venti pole position, 67 piazzamenti sul podio, cinque titoli Costruttori – con la Mercedes e sa benissimo quale sia la sfida maggiore che ogni componente di un team deve affrontare per vincere: “Se tutti danno il 98%, e stiamo parlando di centinaia di persone, non è sufficiente. Bisogna dare il 100% ogni giorno. E l’ho visto, nella mia precedente squadra, quando stavamo quasi dominando: quella fame e quella mentalità erano qualcosa di diverso. È una cosa molto forte, perché alla fine questo sport è una prestazione umana. Sono gli uomini a progettare le auto, a costruirle, a prepararle. Quindi si tratta di ottenere il massimo dall’uomo”.
Valtteri sa bene quanto sia importante il ruolo del pilota anche fuori dall’abitacolo proprio per mantenere alto il livello di impegno di una squadra: “Cerco di mantenere il mio spirito alto il più possibile. Il mio compito è quindi quello di assicurarmi che le persone siano motivate, e questo inizia con me che sono motivato e do tutto quello che ho ogni volta e in macchina”.
Nelle mani di Rebecca Lee c’è una sfida fondamentale: quella di fare in modo che la partenza di un Gran Premio si svolga senza intoppi. Al termine di una serie di controlli effettuati in collaborazione coi commissari di pista arriva il momento decisivo: l’accensione e lo spegnimento dei semafori: “Guardo i commissari, guardo le auto e, naturalmente, guardo anche il mio sistema elettronico. Vedo la bandiera verde, l’uomo in fondo alla griglia. Premo il pulsante di partenza e si accendono i cinque famosi semafori rossi, il conto alla rovescia di cinque secondi e poi, quando lo riterrò necessario, faccio partire la gara: è completamente manuale. Sono io a decidere quando è necessario spegnere le luci. Prima di farlo, devo ovviamente assicurarmi che la griglia sia completamente libera, che non ci siano pericoli o rischi. Mi assicuro che tutto sia a norma e poi si parte”.
Rebecca ha dovuto affrontare teoricamente un’ulteriore sfida: affermarsi in un mondo ancora molto maschile come quello della Formula 1. Per lei sembra non essere stato particolarmente difficile vincerla: “L’ambiente nel paddock è, credo, molto vario. Mi sento abbastanza fortunata. Certo, è a prevalenza maschile ma non ho mai dovuto combattere a causa di questo, anzi credo che il lavoro si ottenga in base al merito. Jo sempre avuto il sostegno quando l’ho chiesto. Se una donna o chiunque altro vuole ottenere un lavoro nel paddock ci può riuscire lavorando duramente”.
Dopo una carriera a mille all’ora fra Formula 1, rally e Nascar ed essere diventato uno dei personaggi più popolari nel motorsport grazie ad una personalità sicuramente dirompente, Günther Steiner si gode ora una pausa, girando il mondo per raccontare la sua avventura nel motorsport, in particolare quella con la Haas, guidata fino al gennaio scorso. Sua fu l’idea di creare una squadra americana in un’epoca – l’inizio dello scorso decennio – in cui entrare in Formula 1 sembrava una mossa destinata ad un inevitabile fallimento, come testimoniavano le enormi difficoltà in cui si dibattevano non soltanto le nuove nate Virgin, Caterham e HRT ma anche team con una storia più solida, come Sauber o Jordan. “Mi sono detto: di sicuro non sono più brillante di loro. Non ho più soldi di loro. Perché dovrei avere successo quando tutte queste persone lottano? All’epoca non avevano ancora fallito, ma faticavano. Allora ho pensato: dobbiamo pensare in modo diverso. E così è nata l’idea di lavorare a stretto contatto con la Ferrari”.
Da lì è nata poi la collaborazione con Dallara, la creazione di una sede operativa in Inghilterra e poi, ovviamente, una sede in America. Un mosaico che ha funzionato perfettamente, creando peraltro un piccolo vantaggio operativo che si è poi concretizzato in uno dei frangenti più difficili per questo sport: “Quando è arrivato il COVID, tutti erano preoccupati: ‘Oh, stiamo facendo queste riunioni su Zoom o su Teams, non ce la faremo…”. Noi le facevamo già da quattro o cinque anni prima, perché era così che eravamo organizzati”.
Per Steiner la lezione che gli hanno dato i quasi quarant’anni di attività nel motorsport è molto chiara: “Non smettere mai di imparare e di fare il passo successivo. Non bisogna stare fermi e compiacersi dicendo ‘Oh, questo è il modo in cui abbiamo fatto cinque anni fa’, perché in men che non si dica si finisce fuori da questo sport, che si muove così velocemente. Bisogna sempre provare le novità. Questo è il mio obiettivo: provare sempre. Non è sempre facile perché si muove così velocemente e ovviamente a un certo punto si entra in una zona di comfort e ci si dice che qui è piuttosto accogliente, cerchiamo di fermare tutto ciò che ci circonda. Non è possibile farlo. È necessario assecondare ciò che sta accadendo”.
“Box Box Box” è una serie di sei episodi, ognuno contraddistinto da un tema specifico (Velocità, Formazione, Dedizione, Tempo, Adrenalina, Sfida) che fa da fil rouge di una chiacchierata condotta da Tom Clarkson, uno dei più noti giornalisti e presentatori della Formula 1, in attività da quasi trent’anni, con alcuni fra i principali protagonisti della massima competizione automobilistica. I cinque precedenti episodi – “Velocità”, “Formazione”, “Dedizione”, “Tempo” e “Adrenalina” – hanno ospitato nell’ordine Max Verstappen, Nikolas Tombazis, Andrea Stella, Bruno Michel, Oliver Bearman, Ian Holmes, Mohammed Ben Sulayem, Mario Isola, Charles Leclerc, Stefano Domenicali, Michael Schmidt, Alex Albon, Christian Horner, Laurent Mekies e Nico Hulkenberg e sono visibili su YouTube e ascoltabili su Spotify.