A Hockenheim è impossibile non pensare a Niki Lauda perché Hockenheim era Lauda. La storia è piuttosto nota, ma chi non l’ha mai sentita eviti pure di perdersi in congetture legate ad amori o passioni particolari o altre emozioni di qualche tipo. Ai tempi dei fatti che qui raccontiamo, Niki Lauda era noto al grande pubblico come Il Computer. Freddo, iper-analitico, insensibile alle convenienze e ai luoghi comuni: lo sarebbe restato anche negli oltre 40 anni seguìti a questi fatti, accaduti nella seconda metà degli anni 70.
Nel 1976, infatti, Niki sopravvive con fatica a un incidente avuto con la Ferrari nei giri iniziali del GP di Germania al Nurburgring. Incidente, monoposto spaccata in due e subito avvolta dal fuoco, il salvataggio a opera di un gruppetto di piloti molto coraggiosi. E poi: la doppia estrema unzione; il rientro dopo neppure sei settimane a Monza, con le ustioni sul volto e sulla fronte che ancora colano sangue dal sottocasco; la volata epica per quel titolo sottrattogli da James Hunt sotto il diluvio giapponese che chiude la stagione più drammatica e romanzesca di sempre. Questi sono ricordi condivisi in scala globale, non importa il grado di passione o di conoscenza per la Formula e le corse. Quello che meno persone sanno, è che sul circuito del Nurburgring Niki in quel 1976 aveva fatto di tutto per non gareggiare. Perché ne aveva paura. O, come lui stesso avrebbe preferito sottolineare, perché non era razionale gareggiarvi.
Del resto, un giro completo al Nurburgring con le F1 di quei tempi era davvero qualcosa di non completamente prevedibile. Lauda lo sapeva molto bene: un anno prima, nel ’75, era stato il primo pilota della storia a girarvi sotto i 7 minuti, cogliendovi una pole position destinata a restare scolpita nel marmo. Ma poi, in gara, una banale foratura l’aveva privato di una vittoria ormai certa. Con quasi 23 km di sviluppo, curve e controcurve senza un attimo di respiro nell’intrico della foresta dell’Eifel, un ritorno ai box con una gomma sgonfia diventò lungo come l’eternità. E Niki si chiede: che cosa accadrebbe a un’ambulanza che deve percorrere tutta quella strada per riportare un pilota ferito all’ospedale vicino ai box?
Questo è quanto Lauda tuona alla vigilia del GP 1976, in una riunione fra piloti che sembra quasi scrivere tutto ciò che accadrà di lì a poco. Due anni prima, sempre con la Ferrari, aveva sperimentato il terrore di uscire di pista e picchiare duro. Al Nurburgring aree di fuga e protezioni moderne sono una chimera. Con la pioggia, poi, il rischio diventa davvero eccessivo. E per quella gara del 1976, tutte le previsioni della vigilia minacciano pioggia. Lauda prova a portare dalla sua parte gli altri colleghi. Prova a convincerli a non correre se pioverà. Non vi riesce. E al via piove. Poi tutto il resto: all’inferno e ritorno, come già ricordato sopra.
Quando la Formula 1 torna in Germania un anno dopo, il Nurburgring è stato sacrificato. La saga di Lauda recuperato al mondo dei vivi dopo uno schianto terribile contro la parete di roccia alla curva del Bergwerk, dopo il rogo, il volto sfigurato, è troppo anche per un circuito che ha scritto la storia delle corse, ma senza riuscire (e non sarebbe possibile) a darsi un livello di sicurezza come quello comune ai tempi. Appena ritornato al mondo, Niki l’ha detto e ripetuto ai quattro venti. Meglio Hockenheim, piuttosto. E allora, detto e fatto: si torna a Hockenheim. Non proprio un prodigio di sicurezza: appena 9 anni prima Jim Clark vi ha perso la vita finendo contro un albero in una gara di Formula 2; e le velocità pazzesche che si raggiungono nel fitto del bosco verso la mitica Ost Kurve non sono proprio un’assicurazione contro gli. Infortuni. Ma non importa, il Nurburgring è il diavolo e Hockenheim è la soluzione.
Come in un copione perfetto, il GP di Germania rientra nel mondiale nel 1977 e Lauda vi conquista una vittoria-chiave per la riconquista del titolo iridato da lui già firmato due anni prima. Ritornato per grazia ricevuta nel giro dei circuiti che contano, il circuito vicino ad Heidelberg vi rimane a lungo. Sempre con un occhio di riconoscenza verso Niki: nei tre anni in cui vi si è corso recentemente -2014, 2016 e ’18- la sua Mercedes vi ha vinto sempre. E qui il cerchio si chiude. Hockenheim uguale Lauda, a cui deve tutto. Anche oggi.
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