Il 1990 non è un anno facile per il team inglese con capitali nipponici. La Leyton House CG901, bellissima, non è sviluppata a dovere con il team che non trova riscontri tra galleria del vento e dati provenienti dalla pista.I capitali stessi cominciano a scarseggiare con Adrian Newey che, non trovando abbastanza denaro per poter apportare tutte le modifiche che sarebbero necessarie per fare il salto di qualità, comincia a cedere alle sirene del team Williams. La vettura nella prima parte di stagione proprio non va.
GP del Messico 1990. Scorrendo i nomi della lista dei partenti non si trovano i due piloti della Leyton House, Ivan Capelli e Mauricio Gugelmin. Non c’entra nulla Montezuma. La vettura soffre i continui bump del tracciato, è instabile e la qualificazione per il pilota italiano e quello brasiliano resta un miraggio.
Quello che succede però al GP successivo in terra di Francia ha dell’incredibile. Nel veloce e piatto tracciato francese del Paul Ricard, le due vetture ciano si issano ai primi posti andando a sfidare la McLaren di Senna e la Ferrari di Prost.
Newey aveva appena lasciato il team per la Williams, ma prima di andarsene è riuscito a disegnare due modifiche che cambiarono la competitività della vettura.
La prima modifica nasce per caso. Durante un precedente test al Paul Ricard la vettura al solito non funziona bene. Newey si accorge che le superfici alari frontali non vanno bene, creano poco carico, sono troppo piccole. In un veloce passaggio al McDonald’s locale i membri del team rubano due vassoi di plastica, quelli in cui ti viene servito il pasto da portare al tavolo. Prendono i vassoi ed estendono la superficie alare frontale. Di colpo la vettura va meglio! E’ una modifica che va fatta poi in sede e sarà pronta proprio per il GP di Francia.
Ho avuto l’occasione di parlare con Ivan Capelli di quel periodo alla Leyton House. Mi ha detto che l’altra modifica importante apportata alla vettura fu nella zona del cambio. Avevano notato che la Williams aveva il cambio inclinato con un particolare profilo dell’estrattore andando così a incrementare il flusso d’aria e l’effetto suolo nella zona finale della monoposto. Anche questa modifica fu portata al GP di Francia che è ormai passato alla storia con Ivan che comandò la gara fino a 3 giri dalla fine quando venne rallentato da un problema al motore sfiorando un’impresa epica per un team come la Leyton House che già da un paio di anni era in fondo classifica e in grave crisi finanziaria. Ivan riuscì comunque a cogliere un preziosissimo secondo posto. La copia del trofeo di quel GP viene data da Ivan a un giovane promettente italiano ogni anno durante i Caschi d’Oro di Autosprint ed è intitolato alla memoria del suo manager Gariboldi.
“Oggi i piloti fanno giri su giri al simulatore. Arrivano al weekend di gara con già tutto l’assetto impostato. Le differenze sono di decimi al giro. Ai miei tempi contro gente come Senna, Prost o Mansell, se la tua macchina non era a posto non beccavi decimi, ma secondi su secondi”: questo mi ha raccontato Ivan, orgoglioso ancora oggi di aver dimostrato, in quel pomeriggio di luglio, di poter stare con i migliori di sempre.
La storia della Leyton House purtroppo finisce male, con una crisi tecnica e finanziaria che porterà all’addio alle corse dopo il 1991. Ma tra queste righe dobbiamo chiarire che il team Leyton House non deve essere ricordato solo per quel pomeriggio estivo o la gara di Capelli a Suzuka del 1988 (altra perla di Ivan). Infatti venne data la possibilità a Newey come capo progettista del team dal 1988 di iniziare la rivoluzione aerodinamica della F1 esasperandone ogni concetto di forma e funzione per cui tutt’oggi è famoso.
La prima rivoluzione fu la forma della scossa attorno alle gambe del pilota: Newey si rese conto guardando frontalmente la vettura e i piedi dei piloti, che poteva scavare la scocca attorno ai talloni per permettere il passaggio di più aria verso il fondo vettura.
L’idea di Newey anticipò e ispirò poi Postlewhite che con la Tyrrell nel 1990 introdusse il musetto rialzato proprio per cercare di far arrivare ancora più aria possibile al fondo vettura.
Newey arrivò a estremizzare tutte le forme della scocca attorno al pilota. Ivan Capelli ricorda come fosse difficile anche solo calarsi in vettura o addirittura azionare la leva del cambio. Spesso i due piloti venivano afflitti da crampi durante la gara e questo andava a incidere negativamente nelle performance. Al primo test a Vallelunga del 1988 Capelli e Gugelmin rimasero negativamente colpiti da quanto angusto fosse l’abitacolo tanto da convincere Adrian stesso a fare qualche giro con la monoposto perché se ne rendesse conto. Ma Newey non cedette mai… Anzi sì, una sola volta, nel 1990 lasciò piu spazio per comandare la leva del cambio.
Quando Newey lasciò il team nel luglio del 1990 per la Williams, portò alla squadra di Frank gli stessi concetti aerodinamici e sotto l’ala di Patrick Head li esasperò ancora di più andando a rialzare la scocca nella zona dell’abitacolo come mai si era visto prima sempre alla ricerca di incanalare più flusso d’aria possibile verso il fondo piatto della vettura.
Leggenda vuole che la Williams del 1991 fu basata sui disegni di quella che doveva essere in realtà la Leyton House CG902. Newey ha sempre negato di aver portato con sé i disegni, ma di certo i concetti erano tutti nella sua testa. L’idea dell’innalzamento della scocca funzionò così bene che Adrian fu tra gli ultimi tecnici ad adottare il muso alto per le sue vetture. Infatti lo utilizzò per la prima volta solo nel 1995.
Alla fine quindi il nome Leyton House in F1 va preservato e lasciato ai posteri non solo per quel famoso GP di Francia del 1990, ma anche perché con questo team il nostro Ivan Capelli poté levarsi ottime soddisfazioni e il mondo scoprì il genio di Adrian Newey che fino al 1988 era relegato al mondo dell’IndyCar.
Per quanto mi riguarda invece posso dire di essere stato molto contento di aver potuto parlare con Ivan Capelli e, per me, da appassionato modellista, aver potuto avere la sua firma sul mio modello della Leyton House CG901 è stato un grande onore.
Riccardo Turcato