Tre, quattro o sei? Potete scegliere qualunque di quei numeri e tutti diranno esattamente la stessa storia dopo l’ultimo – e conclusivo – test pre-stagione di F1 a Barcellona. Nella sessione di quattro giorni della scorsa settimana, il miglior tempo è stato di oltre tre secondi più veloce rispetto a quello della pole nel GP di Spagna 2016, di oltre quattro rispetto al test equivalente dello scorso anno e di oltre sei secondi rispetto alla pole 2015. Quest’ultima cifra è la più indicativa, dato che il benchmark imposto dai regolamenti di quest’anno era di essere più veloci di cinque secondi rispetto a Barcellona 2015. La stagione non è ancora iniziata e un obiettivo è giù stato battuto. Il miglior tempo dell’intero test è stato 1m18.634s registrato dalla Ferrari di Kimi Raikkonen nell’ultima mattinata, cosa interessante con pneumatici P Zero Red supersoft, e non i purple ultrasoft. Questo tempo infrange il miglior giro di sempre registrato a Barcellona durante un weekend di gara (1m19.954s fatto da Rubens Barrichello con la Brawn GP nel Q2 del GP di Spagna 2009), ma non è ancora il migliore in assoluto. Durante i test nell’aprile 2008, Felipe Massa su Ferrari riuscì infatti a fermare il crono sull’1m18.339s.
Kimi sostiene però che nei test della scorsa settimana avrebbe potuto andare più veloce. “Se avessimo voluto, avremmo potuto andare più forte, ma non era questo lo scopo del test”, ha detto ai giornalisti a Barcellona. “Ovviamente provi ad andare più veloce che puoi, indipendentemente da quello che si decide. Ci sono molte cose che possiamo fare per migliorare, ma fa parte dei test”.
Tempo di recupero
Naturalmente non conta solo la velocità. È anche in che modo vai veloce che fa la differenza. Il fatto di avere più carico e pneumatici più larghi inevitabilmente porta a macchine che percorrono le curve molto più rapidamente di prima, ecco perché i piloti hanno intensificato i loro programmi di allenamento invernali, concentrati in modo specifico sul rafforzamento dei muscoli del collo per contrastare le maggiori forze g. E per una volta sono stati unanimi: la nuova generazione di monoposto 2017 è molto più divertente da guidare.
Stesso verdetto anche per i pneumatici. A Pirelli quest’anno è stato dato un compito diverso: produrre pneumatici con meno degrado e meno picchi di temperatura. Una delle richieste specifiche dei piloti per il 2017 era che i pneumatici recuperassero rapidamente anche quando spinti al punto di surriscaldamento.
Quindi adesso i piloti possono rallentare un po’ e il pneumatico tornerà come prima, invece di “cuocere” oltre il punto di non ritorno. Questo significa che potranno spingere per l’intero stint, cosa che ha avuto l’ok di tutti. Questo non significa che non ci sia degrado: è solo più distribuito. I pneumatici con zero degrado, benché tecnicamente possibili, toglierebbero spettacolo allo sport e ucciderebbero di colpo la strategia. I piloti sceglierebbero in automatico la mescola più morbida e ci resterebbero fino al traguardo. Che fine farebbe il divertimento?
Il punto in numeri
Durante gli otto giorni di test a Barcellona di quest’anno, i 10 team e i 22 piloti hanno percorso 7.427 giri: la distanza di circa 112 Gran Premi di Spagna. Per farlo hanno utilizzato 2.572 pneumatici: o, se preferite, 643 set. Numeri che non sono molto distanti da quelli del test di Barcellona dello scorso anno – a parte che allora c’era un team in più (la Manor Racing uscita di scena nel 2017). Numeri che indicano un livello di affidabilità generalmente alto, un risultato importante per queste nuovissime monoposto, che hanno girato per la prima volta. In testa a questa classifica la Mercedes, che ha percorso 1.096 giri, 628 dei quali con il nuovo acquisto Valtteri Bottas. Il finlandese inaugura quindi la nuova stagione come pilota con più giri all’attivo.
Nonostante l’enorme quantità di dati raccolti, solo i singoli team li possono interpretare, più che i rivali o gli osservatori esterni. Solo loro sanno quanto carburante ci fosse a bordo, quale assetto o specifica fossero impiegati o quanto i piloti stessero spingendo. Le variabili sono praticamente infinite. I tempi sul giro nei test forniscono ai team alcune risposte, ma non sono di grande aiuto per gli esterni, che non conoscono le domande. Solo quando arriveremo in Australia cadranno le maschere. Tra sole due settimane non ci sarà più niente da nascondere.