Minardi: 1985-2005. 20 anni, che poi sarebbero 21 stagioni, e 340 GP, per una storia che parla di una F1 d’altri tempi. Tempi in cui la passione e la creatività
di un gruppo ristretto di persone, guidate dalla visionarietà di un capitano coraggioso, potevano permettere di gettare il cuore oltre l’ostacolo, e oltre i problemi di budget, per coltivare e realizzare il sogno di correre nella massima serie automobilistica mondiale.
E’ la storia della Scuderia Minardi. Un vero pezzo della storia dell’Italia in F1. Un’avventura partita da una semplice concessionaria Fiat a Faenza, nel cuore di quella Motor Valley che è stata ed è uno dei fiori all’occhiello della storia industriale del nostro paese. Un’avventura cominciata con la costruzione, all’interno di quel centro Fiat e in maniera del tutto artigianale, di una vettura da corsa totalmente autoprodotta. Proseguita a inizio anni ’70 con la creazione, da parte di Giancarlo Minardi, del primo team, la Scuderia del Passatore poi diventata Scuderia Everest, impegnata per tutto quel decennio in Formula 3 e Formula 2. Finché nel 1980 non arrivò la prima vittoria in Formula 2, con un tale Michele Alboreto. E da lì, il sogno del grande salto, diventato realtà 5 anni dopo.
Un’avventura che ancora non è finita, perché il team Minardi non esiste più ma la sua eredità vive nella Scuderia Toro Rosso. Con altri budget, certo, e una testa pensante che sta altrove. Ma il cuore pulsante, le mani sporche di grasso sono ancora lì, a Faenza, come intatti sono certi caratteri che furono della Scuderia Minardi: prima tra tutti la “missione vivaio”, volta a lanciare in F1 giovani talenti.
Il 25 giugno, quel pezzo di storia verrà celebrato con una giornata in pista, a Imola, che promette di essere un appuntamento imperdibile per tutti i fan della F1, di quella che fu, di quella che è oggi e di quella che potrebbe diventare domani. Qui trovate tutte le informazioni, noi ci siamo fatti raccontare tutto da Giancarlo Minardi, approfittandone ovviamente per sentire il suo parere anche su qualche altra questione….
25 giugno, Minardi Day. Ci racconta com’è nata l’idea, cosa succederà, cosa si aspetta?
L’idea è nata da alcuni appassionati, fan e collezionisti che hanno nelle loro collezioni vetture Minardi. Era un po’ di tempo che insistevano chiedendomi di orgorganizzare una giornata in pista per ritrovarci e divertirci. Siccome quest’anno sono 10 anni che la Minardi è diventata Toro Rosso, e sono 10 anni che non si corre più a Imola, mi è sembrato il momento giusto. Sono andato da Franz Tost e gli ho chiesto supporto, dal momento che in Toro Rosso ci sono tutte le auto storiche Minardi, fino alle monoposto Toro Rosso. La cosa è partita così, abbastanza soft, poi man mano che uscivano le prime news abbiamo visto una grande risposta e abbiamo capito che l’idea piaceva a tanti appassionati e tanti tifosi che non sapevo di avere ancora in giro per il mondo. E siamo arrivati all’idea di una giornata a Imola dedicata alla F1 di quegli anni. Stanno aderendo in tanti, tra i collezionisti legati non solo a Minardi ma anche a vetture che hanno fatto la storia dell’automobilismo mondiale, come Ferrari e Williams, ci sarà addirittura anche una Tecno dei primi anni ‘70. Abbiamo allargato il discorso anche alla Formula 3 e Formula 2 degli anni ’70, il periodo delle mie prime scuderie, Il Passatore ed Everest. L’idea è che quello di quest’anno sia una sorta di numero zero, per diventare poi appuntamento fisso nei prossimi anni.
Quello della nostalgia è un sentimento molto diffuso tra gli amanti della F1 e dei motori in generale. C’è sempre un po’ questa idea che era tutto più bello una volta. Perché l’appassionato di motorsport, spesso anche quello giovane, è così nostalgico?
Forse perché c’era un approccio diverso, un’informazione diversa verso la F1, e gli appassionati potevano vederla con un altro occhio. C’era più visibilità del pilota, soprattutto tra fine anni ’70 e primi anni ’80 il pilota era più vicino al pubblico. E il pilota rischiava anche di più, purtroppo. Sono stati fatti passi da gigante in tema di sicurezza, il prezzo da pagare è che questi progressi hanno tolto un po’ ai piloti quell’immagine da eroi. Credo sia questo, perché per il resto io credo che la F1 di allora sia uguale a quella di oggi… C’è chi dice che la F1 di oggi è noiosa perché c’è un team che domina sugli altri, ma questo sport ha vissuto sempre di cicli vincenti, oggi tocca alla Mercedes come in passato è toccato a Williams, McLaren, Ferrari o Red Bull. Altro problema è che il mondo della F1 è sempre più blindato, e la giornata del Minardi Day serve anche a questo, a riavvicinare la gente a questo sport
Ecco la sensazione è che questo sia davvero un punto cruciale, nella crisi della F1 di cui si parla tanto. Un mondo chiuso e inaccessibile. Quando c’è stata questa chiusura, e perché?
A metà anni 80 si è cominciato a blindare il paddock, a renderlo sempre più esclusivo, fondamentalmente per far contenti gli sponsor. Per un periodo questo ha reso in termini di ritorno verso gli sponsor, che si sentivano più gratificati da questa esclusività. Il problema è che poi si è esagerato. Io vado 3-4 volte all’anno a vedere i GP ed è davvero tutto blindato: io stesso a volte non riesco neanche ad avvicinare piloti con cui pure ho lavorato per molti anni, da tanto sono chiusi nei loro motorhome. Questo ha allontanato una parte di pubblico. Mi sembrano esagerazioni che impediscono all’appassionato di vivere appieno l’atmosfera del GP, di identificarsi nella macchina per cui tifa o nel pilota in cui crede.
Il 25 a Imola ci saranno anche diversi piloti che hanno corso con Minardi, giusto? Può già confermarci qualche nome?
Sì, verranno in tanti. Ci sarà Miguel Angel Guerra, che è stato il nostro primo pilota in F2 nel 1980. Tutti gli italiani che hanno iniziato con me hanno dato la loro disponibilità: Fisichella, Trulli, Morbidelli, Martini, Barilla... Purtroppo altri piloti Minardi come Marc Gené o Mark Webber, per loro impegni contrattuali, saranno impegnati in altri eventi promozionali. Ma il parterre mi sembra comunque ottimo… ci sarà ad esempio anche Farneti, che ha corso con me già al Passatore, poi in Everest, e poi con Minardi in F2, e che ha comprato una March del ’73 che fu di Tino Brambilla. Sarà presente con questa macchina che è un pezzo di storia. E ci saranno 10-12 Minardi che girano, più tutta la collezione Minardi e Toro Rosso in esposizione in una parte dei box. Un’esposizione che spero possa diventare anche il primo passo verso un possibile futuro.
In che senso?
Ci sono piani interessanti per il futuro, per rendere visibili macchine che al momento sono chiuse in un capannone. Da qualche mese Toro Rosso, che finora aveva avuto sede nella struttura costruita da me anni addietro, si è spostata in una nuova factory. Quella vecchia potrebbe diventare uno speciale showroom permanente per la storia di Minardi e Toro Rosso, aperto al pubblico, sempre per quell’idea di riavvicinare la gente a questo sport. Ma è presto, vedremo.
Tra tutte le vetture che saranno a Imola il 25 ce n’è qualcuna cui è particolarmente affezionato?
No, tutte. Quando nasce una macchina da corsa è come veder nascere un figlio. Sono tutte mie figlie. Soprattutto una volta quando si lavorava con il tecnigrafo, ma anche oggi col computer, le vedi nascere da zero e svilupparsi giorno dopo giorno, finché non le vedi con le ruote a terra pronte a girare. Era sempre una grande emozione, immagino lo sia anche per chi la vive oggi. Stesso discorso vale per i piloti, li considero tutti figli miei e tutti sono stati importanti nella storia di Minardi.
Ok quindi non le chiederò il pilota che ha più amato… ma c’è qualcuno di quelli che hanno corso con lei che ha raccolto meno di quanto si meritava, o di quanto avrebbe potuto?
Direi Pier Luigi Martini. E’ partito in 103 GP con la Minardi, ed è quello che ha fatto più punti nella storia della Scuderia, certo anche grazie al fatto, appunto, che ha corso più gare. E’ quello che in carriera forse ha raccolto meno rispetto al potenziale. Io gli voglio molto bene perché è stato molto legato alla Minardi, ha preferito continuare lì, invece di ascoltare sirene che a un certo punto gli sono arrivate, specie dall’Inghilterra
21 anni in F1, 340 Gran Premi… il ricordo più bello?
Il primo giorno. 5 aprile 1985, quando alle 9.30 del mattino è partita dai box la prima monoposto, la M185. Lì mi son reso conto davvero che iniziava l’avventura in F1. In quel momento non pensavo sarebbe durata 21 stagioni e 340 Gran Premi. E poi sicuramente anche la prima volta che siamo andati a punti, con Martini a Detroit nel 1988. Quel giorno abbiamo potuto dire “ci siamo anche noi”.
E il momento più difficile? C’è mai stato un attimo in cui ha pensato chi me l’ha fatto fare?
No, sinceramente non l’ho mai pensato. Il momento più duro è stato quando abbiamo dovuto lasciare perché non c’erano più le condizioni e le risorse per andare avanti. Ma è stato un dispiacere mitigato dalla consapevolezza di una continuità, dal fatto che lasciavo in buone mani, a chi poteva garantire che quella avventura sarebbe continuata, con un altro nome ma pur sempre rimanendo a Faenza, con molte delle persone con cui avevo lavorato io.
Le manca la F1? Avendo tempo, energie e risorse, tornerebbe a guidare un team nella F1 di oggi?
No. Ogni cosa ha il suo tempo. Io oggi ho 69 anni, non avrei neanche la forza fisica, gestire un team è uno sforzo pesante, più forse di quanto non si creda da fuori. Mi piace ancora la F1, la guardo, mi diverto a scriverne sul mio blog, mi piace andare 3-4 volte all’anno a vedere le corse, a incontrare i vecchi amici. Mi basta.
Tre cose/regole che cambierebbe subito, nella F1 di oggi.
Ora, esattamente tre non lo so, ma cambierei le regole sportive: credo che la F1 dovrebbe essere più libera, con meno restrizioni sul fronte tecnico e regolamentare. Forse anche un po’ meno aerodinamica. Negli anni della Minardi, nonostante la scuderia fosse tra le cenerentole del Mondiale, io non ho mai votato a favore di proposte regolamentari volte al risparmio o al contenimento dei costi: la F1 è sempre stata l’avanguardia della ricerca tecnologica, e tale dovrebbe restare. Oggi per colpa delle restrizioni del regolamento si fa fatica a riconoscere un’auto dall’altra, i confini sono così stretti che tutti devono optare più o meno per le stesse soluzioni: se dipingi tutte le auto di nero, non riesci a distinguerle.
Butto là un’eresia: sui campi di gara ci sono 60-70 persone a seguire una macchina. Sono troppe. Io inizierei a lavorare su quel fronte, per contenere i costi. Limiterei il personale, e lascerei più libertà allo sviluppo tecnologico. Ci sono team che portano fuori 30 persone solo per il cambio gomme… Metterei una regola per cui per il pit-stop ogni scuderia ha al massimo 8 uomini a disposizione. Magari ci metterebbero 6-7 secondi invece di 2 e mezzo, ma poco male no?
Tra i meriti di Giancarlo Minardi, anche quello di aver sempre avuto il coraggio di lanciare piloti debuttanti o molto giovani: tanti italiani, ricordiamo almeno Fisichella, Nannini e Trulli, ma anche gente come Alonso e Webber. Era solo una necessità dettata da risorse e budget disponibili, o era invece proprio una mentalità da talent scout?
Direi tutt’e due. Era ovviamente anche una necessità, non avevamo budget per portare a casa piloti di primo piano o comunque con alle spalle esperienze già significative in F1. Però l’attenzione ai giovani era nel mio Dna fin dalla formula Italia. Anche negli anni successivi andavo sempre a vedere nei momenti liberi le gare di Formula 3 e Formula 2, mi è sempre piaciuto provare a scoprire talenti e ad accompagnarli fino al palcoscenico più importante dell’automobilismo, come successo con Alboreto, De Angelis o Nannini. E non vale solo per i piloti, penso di poter essere molto orgoglioso per il fatto di aver cresciuto anche generazioni di ingegneri e meccanici, alcuni dei quali poi si sono costruiti una strada importante in F1, penso ad esempio a Simone Resta che ora è in Ferrari o Aldo Costa in Mercedes, per fare solo due nomi.
Parlando di giovani e debuttanti, non possiamo esimerci dal chiederle un giudizio su Verstappen.
E’ certamente un fenomeno, come ne nascono solo ogni tanto nel mondo dell’automobilismo, e dello sport in generale. Ho avuto la fortuna di lavorare con suo padre e posso dire che Max è diverso da lui, come testa, come tutto. Verstappen ha davanti un futuro che solo lui può rovinare. Certo dovrà essere capace di gestire pressioni che si fanno e si faranno sempre più forti, diciamo che il difficile arriva ora, ma sinceramente mi sembra molto preparato per affrontarlo.
E la situazione dei giovani italiani qual è? Sono ormai 5 anni che non abbiamo nostri piloti in F1…
Sono consulente per la scuola federale, e posso dire che il materiale c’è e che negli ultimi anni è stato fatto un gran lavoro. Abbiamo portato giovani dal kart fino alla serie propedeutiche alla F1: Giovinazzi, Ghiotto, Marciello e Fuoco, i 4 nostri ragazzi che quest’anno si muovono tra GP3 e GP2, sono frutto del lavoro che abbiamo fatto in questi anni. A noi manca un team come Toro Rosso o com’era la Minardi, oggi è più difficile far debuttare un giovane, anche per la concorrenza di piloti di paesi emergenti che riescono a portare ai team i soldi di sponsorizzazioni che oggi è difficile reperire in Italia
Su chi scommette tra le nuove leve?
I ruattro citati sono tutti all’altezza di giocarsi una chance in F1, poi bisogna vederli sopra una vera F1, se mai ci sarà l’occasione. Perché solo lì si capisce se uno ce la può fare veramente.