Scrivere è naturale per chi fa questo lavoro. A volte no. A volte ci sono emozioni da metabolizzare. Come dopo la mostra “Ayrton Senna. L’ultima notte“, inaugurata ieri nel Museo della Velocità all’Autodromo di Monza, frutto di due grandi nomi della F1, oltre che amici: Ercole Colombo e Giorgio Terruzzi che definire “fotografo” il primo e “giornalista e scrittore” il secondo è riduttivo. Ieri grazie a loro Ayrton Senna è tornato a Monza: la sala stampa invasa per la conferenza (ci dicono fossimo in oltre 100 giornalisti), il Campione brasiliano su tutti i monitor e sul palco il presidente di AC Milano Ivan Capelli (sdoppiato nel ruolo istituzionale e in quello di pilota di F1 e soprattutto amico di Ayrton), il procuratore Autodromo Nazionale Monza Francesco Ferri, il sindaco di Monza Roberto Scanagatti, il presidente Autodromo Nazionale Monza Andrea Dell’Orto, l’amministratore delegato ViDi (organizzatore e produttore della mostra) Fabio Sanvito e ovviamente gli artefici della mostra Ercole Colombo e Giorgio Terruzzi.
Premessa: i dati “freddi” sono che la mostra (ideata, prodotta e organizzata da ViDi in collaborazione con l’Autodromo Nazionale Monza e con il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza) resterà aperta al pubblico fino al 24 luglio (orari: da mercoledì a venerdì 10-13; 14-18: sabato e domenica 10-19; lunedì e martedì chiuso; biglietti intero 7 euro, ridotto 5 euro) ma, assicurano i responsabili dell’Autodromo, troverà poi un’altra collocazione, perché sarebbe assurdo chiuderla prima del GP d’Italia a settembre. La mostra è un’occasione unica per ripercorrere la carriera sportiva, ma anche gli aspetti più intimi del campione brasiliano, attraverso una selezione di circa cento fotografie di Ercole Colombo, uno dei più grandi fotografi della F1, monzese doc, entrato nel mondo della fotografia nel 1970. Il percorso espositivo, arricchito dai testi di Giorgio Terruzzi, ripercorre i momenti più significativi di Senna: gli inizi col kart, l’esordio in F1, le vittorie e le sconfitte storiche, gli amici e i rivali, il rapporto con Alain Prost, gli amori, la fede, la famiglia e le sue ultime, drammatiche ore in pista. La mostra prende spunto dal libro di Terruzzi “Suite 200. L’ultima notte di Ayrton Senna” (editore 66THAND2ND, collana “Vite inattese”, 2014): un romanzo avvincente che molti di voi avranno letto (e se non l’avete fatto rimediate, un consiglio spassionato), da cui emergono gli ultimi momenti della vita e le riflessioni del grande pilota nel suo approssimarsi a quella domenica 1° maggio.
Ma com’è questa mostra oltre le immagini e i testi? Un’immersione nella vita di Senna, si cammina attorniati da immagini che non sono semplici foto e ognuno troverà “le sue”, quelle che ti fanno sorridere, quelle che ti emozionano, quelle che ti spaccano dentro. A noi ne sono rimaste impresse alcune in particolare: le mani di Ayrton (perché le mani di un pilota sono sempre speciali), quella con Ron Dennis nella fase del difficile rinnovo del contratto, con quella mano che allo stesso tempo lo strattona e lo trattiene, la sua mamma aggrappata a una rete durante un GP.
Si cammina fino all’ultimo weekend, scandito dall’incidente di Barrichello, dalla morte di Ratzenberger, il ferimento di alcuni meccanici per la ruota persa dalla Minardi di Alboreto in uscita dai box e di vari spettatori in tribuna colpiti dai detriti delle vetture di Pedro Lamy e JJ Lehto, in collisione al via, a quegli occhi che guardano lontano, come sapendo, fino all’ultima notte trascorsa nella Suite 200 dell’Hotel Castello a Castel San Pietro, vicino al circuito di Imola. Poi oltre una tenda, una stanza buia, sospesa nel tempo e nello spazio, una finestra e la voce di Ayrton, che si racconta. E non ne usciresti più. Infine quell’immagine immensa, a tutta parete, con il podio di Imola, Michael Schumacher, Nicola Larini e Mika Hakkinen. Una disperazione che esce e ti avvolge. Poi le prima pagine dei giornali, italiani e stranieri, che abbiamo sempre qui nel nostro cassetto, la copertina nera di Autosprint.
Che dirvi se non consigliarvi di andarci? Per noi è stata un’esperienza fortissima eppure siamo abituati a questo mondo, conosciamo Ercole e Giorgio, ma li abbiamo visti in un modo nuovo: l’amicizia, la stima, il rispetto che li unisce da tanti anni hanno prodotto una mostra unica. Le immagini di Ercole non sono semplici foto, trasmettono emozioni che ti colpiscono allo stomaco, che si tratti della torta in faccia con Berger o di Roland portato via in barella. Il casco di Ayrton, le sue tute, il suo kart originale del 1979 con cui agli esordi vinse diverse gare. Alla fine ti chiedi solo “perché” e pensi che quel titolo de La Gazzetta dello Sport sia davvero, tragicamente, vero: “Con Senna muore questa Formula 1“. Dopo di lui, dopo quel maledetto weekend è stato fatto tanto per la sicurezza, ma il rischio come sappiamo purtroppo esisterà sempre. Arrivi alla fine e ti trovi un muro nero, un pennarello bianco e puoi scrivere quello che ti viene in mente in quel momento. Noi abbiamo rivisto l’albero sotto il quale riposa Ayrton nella sua San Paolo. Incrociando Ivan Capelli, ci siamo dati un’occhiata e ci ha detto “Sono tesissimo”.
Carissimi Ercole e Giorgio, ieri ci avete stesi! E riempiti di emozioni indimenticabili. Grazie, col cuore. PS: qui trovate dei video e una photogallery. Riguardando le immagini ci siamo accorti di quante, stranamente, fossero mosse… Ercole, perdonami, ma primo non sono te, secondo è colpa vostra perché in certi momenti andare avanti è stato davvero difficile. Perché tutti hanno ricordi di quel 1° maggio 1994, tutti – come avete detto in conferenza – ricordano esattamente dov’erano. Io ho cancellato tutto, come non fosse mai esistita, eppure ovviamente ero lì davanti alla TV, come sempre, a guardare quel sogno di cui non avrei mai pensato di far parte un giorno, e ho visto tutto. Ieri quello che avevo dimenticato tu e Giorgio l’avete fatto riemergere… ha fatto male, giuro, ma anche un gran bene!
Barbara Premoli