Ultimo dell’anno tempo di bilanci, no? Ripensando a questi 12 mesi tra redazione, presentazioni, gare, eventi, quale il momento clou? La 24 Ore di Le Mans, senza ombra di dubbio. Non che il resto non sia stato importante o da ricordare, ogni giorno è stata un’avventura, credetemi, ma il giorno in cui arrivò l’invito via mail beh… è nella storia della mia vita, professionale e umana. Fu come una sberla. Mi mancava, la 24 Ore, avrei dovuto andarci nel 2001 con Michele Alboreto, voleva farmi toccare con mano quel mondo, convincermi che era un’altra cosa rispetto alla Formula 1. Non ci diedero il tempo, purtroppo, e da allora mi dissi “non ci andrò mai“. Ci ha pensato Michelin Italia a farmi cambiare idea. E allora via, con entusiasmo e diffidenza al tempo stesso, ma una gran voglia di conoscere e imparare.
Quello che segue sono i ricordi sparsi di un’esperienza unica, un pezzo “di cuore e di pancia”. Venerdì all’alba partenza. Aereo, treno, arrivo, bagagli in hotel, circuito. Piove. Basta il primo impatto per capire che questo circuito non ha niente a che vedere con “gli altri”. Immenso. Dalla splendida hospitality Michelin si domina la pista… e sale l’impazienza per la gara. E andiamo a scoprirla questa pista, la pitlane, i box, il rettilineo di partenza. E “quel”podio c’è, è vero. Anche la ruota, ma è più piccola di come la immaginavo dalle foto. Entriamo in pista: una bella salita, ci giriamo ed è impossibile non stupirsi per il colpo d’occhio. Piove, ma chissene… cappuccio in testa e via, verso il ponte (vero, anche quello!), percorriamo le curve, camminiamo sui cordoli colorati, entriamo nelle immense vie di fuga in ghiaia. Il problema? Cammini. cammini, cammini, ti guardi intorno e non ti rendi conto di quanta strada hai fatto e che poi devi tornare indietro! Anche perché ci aspetta la parata dei piloti in centro.
Tanta gente, ordinatissima ed entusiasta, in attesa di veder passare i piloti. Un vero e proprio show, con tanto di presentatore… passano tutti, su auto moderne e d’epoca, lanciano gadget, cappellini, caramelle, foto alla gente seduta in tribuna, la cattedrale sulla destra. Di colpo esce il sole. Prima di partire Ermanno Alboreto mi aveva dato un compito: non tornare senza andare al monumento dove attorno ci sono tutte le impronte dei vincitori di Le Mans. Ho espresso il desiderio e gli amici di Michelin l’hanno esaudito, abbiamo camminato un bel po’, tra la folla che seguiva la parata nelle strade, ed è stato uno spettacolo nello spettacolo. Poi siamo arrivati e l’emozione è stata forte per tutti, per me trovare le mani di Michele e appoggiarci le mie e virtualmente quelle di Ermanno e di tutti gli amici…
Si torna in hotel sapendo che poi non si dormirà più per un bel po’… perché gli amici di Michelin ci danno l’opzione per la notte di sabato: tornare in hotel a dormire o restare in pista. E c’è da chiederlo?!? Il sabato è un crescendo verso l’ora fatidica, le 15.00, quando scatterà la gara. Ma prima si cammina, si incontrano i piloti, si incontrano gli amici della F1, ci si emoziona. Mark Webber mi guarda e mi abbraccia, l’urlo con Stefano Domenicali, Nico Hulkenberg e Max Chilton strabuzzano gli occhi, ma il più forte in assoluto è l’amico di lunga data Allan McNish: “What the fu***ng hell you’re doing here, Barbara?”. Perché lui sapeva che non ci sarei mai voluta andare… come Dindo Capello, impegnato full time nei box Audi. Quanti amici si incontrano a Le Mans…
Si cammina sempre, ma non si sente la fatica. E arriva anche il momento di panico vero, durante il pit walk: migliaia di persone, mi hanno dovuta portare fuori perché tanta gente così mai vista, nemmeno alla finale del Supercross a Las Vegas! Il via della gara è emozione allo stato puro, quei motori ti entrano dentro, vibra tutto. E sai che gireranno per 24 lunghissime ore. Che non sai quanto sono lunghe e quante cose puoi fare finché non le vivi a Le Mans. Camminiamo lungo la pista, guardiamo la gente, che cammina per spostarsi da un posto all’altro, o campeggia tranquilla senza staccare gli occhi dalla pista. Col passare delle ore, sotto il sole, c’è chi si ripara con ombrelloni, cappelli, chi dormicchia sulle sdraio, chi gioca, chi parla, chi mangia. Gente di ogni età, da bambini piccolissimi con mamma e papà, a persone anziane che ti raccontano quante edizioni hanno visto e quante ancora ne vogliono vedere.
A differenza della Formula 1, qui senti che il pubblico ama le corse e le vuole vivere da vicino. Non viene per il glamour né per un pilota o una squadra in particolare e non è chiuso fuori dai cancelli. Il paddock è aperto e accessibile anche se non abbiamo il pass stampa, i piloti si fermano con la gente, parlano con te senza addetto stampa al seguito munito di registratore, ti fanno entrare nei box (non puoi fotografare ma quelle immagini ti si stampano negli occhi). Arriva il tramonto, di colpo il buio. Intanto nell’hospitality Michelin si alternano McNish e Tom Kristensen, Mister Le Mans con le sue nove incredibili vittorie, che ci raccontano cosa sta succedendo, come vanno le cose in pista, i problemi, i dietro le quinte. Si possono fare domande e come non approfittarne? Ma il sabato ha riservato un’altra sorpresa: il volo in elicottero, per vedere la pista e l’azione dall’alto. Non ci è mai stato simpatico l’elicottero, ma cosa non ti fa fare l’entusiasmo… le foto che vedete dicono tutto…
Quando arriva la notte che si fa? Si cammina, ovvio, perché l’abbiocco è in agguato, anche se i divani e le luci tenui e i mega-schermi con immagini e tempi sono una tentazione… Ma arriva la sorpresa di un tour nei box Audi, zona solitamente off-limits specie ai giornalisti, dove ci fanno vedere e ci spiegano un sacco di cose. Poi si parte alla scoperta della notte di Le Mans. Pensi al deserto e invece la sorpresa è che la gente è sempre lì, si muove, ovunque, si sposta, esattamente come noi. Ci sono spettacoli, musica, mille posti di tutti i generi dove mangiare, negozi di souvenir aperti, cose da vedere, tutto pulitissimo, perché gli addetti lavorano incessantemente. Intanto che vedi tutto questo pensi a loro, ai piloti in pista, con nelle orecchie sempre costante il rombo dei motori. Ci spostiamo di curva in curva… “Siamo arrivati qui, vuoi non andare a vedere più avanti dove le macchine escono in appoggio?”. Chilometri percorsi? Perso il conto. Sonno? Non pervenuto, il bello dell’adrenalina! Certo è strano… mentre camminiamo, mangiamo, parliamo, fotografiamo, ridiamo, loro corrono, girano a velocità folli nel buio pesto. Non sono “normali”, adesso ne abbiamo la certezza! Il tratto per tornare all’hospitality Michelin è lungo, forse è il caso di fermarsi un po’ adesso, guardare la gara da un divano in terrazza. Ma poi chiama un amico: “Dove sei? Dai vieni qui in Ferrari che ti faccio un caffè giusto e c’è una sorpresa“. Puoi dire di no, anche se sono quasi le 4 e devi rifare un paio di km (e altrettanti per tornare indietro)? E così si riparte, caffè, chiacchiere, giro nel box proprio giusto per il cambio pilota e anche il divertimento di sentire dei colloqui via radio dei piloti. Curiosità? Meccanici in apparenza addormentati sulle sdraio, di colpo in piedi e pronti per il pitstop, velocissimi e precisi. Alla fine, pacche sulle spalle, “cinque” che potrebbero stendere un lottatore di sumo, tanti sorrisi, una sigaretta e di nuovo sulla sdraio, come niente fosse successo…
Di colpo arriva l’alba e toglie il fiato… ci riportano in hotel, mezz’ora per fare la doccia (che ci vuole!), prendere i bagagli e si torna in circuito. Ed è il momento di prendere contatto con il mondo Michelin. La 24 Ore di Le Mans rappresenta una grande sfida per tutti i team e gli uomini che vi partecipano e ovviamente anche per il Costruttore francese, in termini di organizzazione e logistica, che devono essere perfette proprio come gli pneumatici. Se per il pubblico la corsa 2015 ha avuto inizio il 10 giugno, con la prima sessione di qualifiche, per Michelin la 24 Ore è iniziata due mesi prima nello stabilimento di Cataroux, a Clermont-Ferrand, dove vengono prodotti ben 7.000 pneumatici, trasportati da 15 camion a Le Mans. In circuito, Michelin dispone di un deposito temporaneo di 900mq: da qui gli pneumatici vengono consegnati al momento e nel posto richiesti, con trasporti ottimizzati per minimizzare le emissioni di C02.
Oltre al deposito di 900 mq, a Le Mans Michelin dispone di uno spazio di 800 mq, immenso, dove 50 montatori lavorano su tre linee complete (montaggio, gonfiaggio, equilibratura). Come i team, il personale si dà il cambio nella notte per assicurare la continuità e la qualità del servizio. L’assistenza ai team è una priorità, garantita da 25 consiglieri tecnici per tutta la durata dell’evento, mentre 15 ingegneri sviluppatori analizzano il comportamento degli pneumatici e raccolgono i dati che trasmettono a Clermont-Ferrand. Anche gli pneumatici usati tornano in Francia per essere analizzati, prima di essere riciclati. Alla 24 Ore di Le Mans 2015, Michelin Motorsport ha messo a disposizione dei team 7.000 pneumatici (2.500 LM P1, 700 LM P2, 3.800 LM GTE Pro e AM), oltre a 250 ibridi. Pazzesco vedere il deposito degli pneumatici (vietato fotografare troppo da vicino i codici a barre… ogni team ha i suoi set) e quanta organizzazione ci sia dietro le quinte: per noi “umani” capire come vengono stoccati e gestiti è un rebus, per loro sembra un gioco, ma non lo è, visto che questa organizzazione è frutto di tanto lavoro e di enormi investimenti, che non sono però fini a se stessi o alle corse, dato che la tecnologia ricade sul prodotto di serie che usiamo quotidianamente sulle nostre auto, ultimo esempio in ordine di tempo gli pneumatici CrossClimate.
Di colpo il tempo sembra accelerare, manca poco alla fine della gara, siamo in discesa, nel paddock il nervosismo è tangibile, un misto di emozione e stanchezza, manca poco. Noi sappiamo già che, appena il vincitore taglierà il traguardo, dovremo prendere lo zaino e correre verso l’uscita, per iniziare il viaggio di ritorno (tram, treno, bus, aereo, tutto organizzato al millesimo di secondo da Michelin Italia, in perfetto stile-pista!).
L’arrivo della Porsche è un’esplosione, il momento clou di una festa fatta di luci, suoni, immagini che si sono susseguiti ora dopo ora, con la magia della notte illuminata dai fari e dai dischi freno, l’alba che ha ritrovato tutti incollati alle reti, alla pista, agli schermi fino alla fine. L’uscita dal circuito al volo, di buon passo, per non perdere le coincidenze e di colpo il crollo: il collega voleva portarmi lo zaino (pesantissimo per The Book, il volume-biografia di Tom Kristensen), ma non era stanchezza fisica, nessun dolore: semplicemente il calo dell’adrenalina, di botto. Avete presente quando da bambini ci dicevano che dovevamo scendere dalla giostra e tornare a casa? Ecco… stessa sensazione…
Nel 2016 la FIA ha avuto la brillante (e forse provocatoria, anche se dicono di no) idea di mettere il GP d’Europa a Baku e Le Mans nello stesso weekend. Nulla contro l’Azerbaijan, ma il dubbio non mi ha sfiorata neppure per un attimo… L’atmosfera, la competitività, l’ambiente della 24 Ore sono speciali e la F1 dovrebbe prendere esempio per riavvicinare la gente e farla innamorare di nuovo delle corse.
Qui si tocca con mano, si respira la passione per il motorsport, si rivedono scene che erano la Monza della nostra giovinezza. E capisci che il logo di quest’anno con la scritta “Le futur dans la course” ha un senso. Michele, avevi proprio ragione! Grazie, Michelin, per questa full immersion in una nuova dimensione…
E ci vediamo nel 2016, Le Mans, anche perché per correre all’aeroporto non ho avuto il tempo per poter correre sotto a quel podio… ma l’ho sentito, ho sentito la premiazione, l’entusiasmo degli appassionati attraversando il circuito per l’ultima volta. Capito perché è il mio “Best of 2015”? E, consiglio spassionato, se non ci siete mai stati recuperate il prima possibile: se amate le corse, quelle vere, sarà una delle esperienze più belle e indimenticabili della vostra vita. Qui regnano passione e divertimento, senza limiti di età… anzi, si ringiovanisce pure, visto che ci si ritrova a giocare col Bibendum!
Barbara Premoli