Quello che si corre domenica a Hockenheim è il 61° GP di Germania valido per il Mondiale di Formula 1. La gara nella storia si è disputata su tre piste diverse: Avus, Nurburgring e Hockenheim anche se potrebbero quasi essere considerate cinque, visto come sono cambiati gli ultimi due tracciati nel tempo. In Germania la Scuderia si è imposta 21 volte, il 35% delle occasioni.
Gli anni 50. Il debutto del GP di Germania in F1 fu nel 1951: teatro dell’appuntamento era un inferno verde lungo 22,8 km chiamato Nurburgring, una pista difficilissima, solo per campioni. Il primo team a inscrivere il proprio nome nell’albo d’oro della corsa fu proprio la Ferrari con Alberto Ascari. Il pilota milanese fece il bis l’anno seguente, mentre la Casa di Maranello fece tris nel 1953 con Giuseppe Farina e la Ferrari 500. La Scuderia si impose anche nel 1956 con Juan Manuel Fangio. Il team dominò anche l’unica edizione del GP sul circuito dell’Avus, a Berlino: due rettilinei uniti da altrettante curve incredibilmente paraboliche che consumavano in modo innaturale le gomme. La gara fu disputata in due manche, entrambe dominate dalla 246 di Tony Brooks.
Gli anni 60 e 70. Quattro anni dopo, nel 1963, fu John Surtees con la 156 a trionfare, concedendo il bis la stagione successiva quando, con la 158, conquistò un successo che sarebbe risultato vitale per la conquista del Titolo a fine stagione. Grazie a quella doppietta l’inglese fu soprannominato Ringmeister – il signore del Ring. La Ferrari trionfò ancora al Nurburgring nel 1972, grazie a Jacky Ickx, e nel 1974, con lo svizzero Clay Regazzoni, ma qui visse anche uno dei momenti più difficili della propria storia sportiva quando, il 1° agosto 1976, Niki Lauda fu protagonista del terribile incidente del quale porta ancora oggi i segni. Il campione austriaco si riprese a tempo di record e fu il primo a trionfare sul nuovo palcoscenico della gara, il circuito di Hockenheim, oltre 6 km di rettilinei tra gli alberi della Foresta Nera con, alla fine, il difficile Motodrom, una serie di curve insidiose per le vetture molto scariche aerodinamicamente.
Gli anni 80 e 90. Il 1982 vide Patrick Tambay e la 126 C2 conquistare un successo che nessuno ebbe voglia di festeggiare. Nelle prove del sabato Didier Pironi, il pilota della Scuderia in lizza per il titolo, era rimasto vittima di un terribile incidente che, a pochi mesi dalla tragedia di Gilles Villeneuve, ne avrebbe determinato la fine della carriera automobilistica. L’anno seguente a imporsi fu René Arnoux con la 126 C3. Il 1985 vide il GP tornare al Nurburgring che, completamente ristrutturato, era diventato un autodromo moderno anche se privo dell’antico fascino. A imporsi fu la Ferrari di Michele Alboreto che in quell’occasione prese anche la testa del Mondiale al volante della 156-85. Passarono 9 anni prima di rivedere una Ferrari sul gradino più alto del podio: a riportarcela ci pensò Gerhard Berger che, con la 412 T1, interruppe un digiuno di vittorie lungo 59 GP.
Gli anni 2000. Cinque anni dopo a imporsi fu Eddie Irvine, mentre nel 2000 ci pensò Rubens Barrichello, grazie all’ingresso in pista della Safety Car ma anche bravo, nel finale, a resistere in pista con le gomme da asciutto nonostante su metà tracciato si stesse abbattendo un temporale. Michael Schumacher vinse nel 2002 al debutto sulla nuova Hockenheim, un circuito completamente diverso dal precedente, senza più i lunghi rettilinei nel bosco ma con una lunga traversa, la curva Parabolika, che unisce la prima e l’ultima parte della pista. È rimasto lo storico Motodrom anche se, da quando il circuito è diventato da alto carico aerodinamico, non è più così selettivo. Il tedesco si impose anche nel 2004 e nel 2006, mentre le ultime due affermazioni della Scuderia sono legate a Fernando Alonso, mattatore in terra tedesca nel 2010 e nel 2012.
Barbara Premoli