di Moreno Musetti, Edizioni ASI, Libreria Automotoclub Storico Italiano. Formato cm 21 x 29,7, pagg. 360, illustrazioni in b/n e colori. Prezzo al pubblico: 32,00 euro IVA inclusa. SCONTO del 15% per acquisti online (escluse spese di spedizione). Per ogni altra informazione su questo argomento: www.asiservice.it, sezione LIBRI.
Più che un libro, un atto d’amore per una Marca, come scrive il prof. Umberto Sereni nella prefazione. Il racconto di una storia lunga 50 anni, che inizia quando l’uomo comincia ad abbandonare l’uso del cavallo, per gli spostamenti, lasciandosi tentare dai primissimi mezzi motorizzati. Un volume in cui l’immagine è protagonista: una raccolta straordinaria di documenti originali, riprodotti fedelmente pagina per pagina, con foto e testi, descrittivi e tecnici, soprattutto in inglese nelle prime 140 pagine, seguite poi da circa altrettante in italiano che mostrano il materiale pubblicitario (e in parte tecnico), allestito dagli importatori dal 1913 in avanti.
La scelta di Musetti è stata di usare pochissimo testo scritto, che serve soprattutto a “legare” tra loro i diversi gruppi di pagine riprodotte. E qui emerge l’unica (secondo noi), pecca dell’opera. Forse per la fretta di andare in stampa, o forse per inesperienza, sembra quasi sia mancata la revisione finale del testo originale. Ma questo non intacca minimamente il piacere di possedere e “studiare” il libro, prima ancora che di leggerlo.
Le pagine raccontano di Oscar Hedstrom: uno svedese emigrato a New York, corridore ciclista impegnato nelle gare ad inseguimento dietro motori, che nell’anno 1900 decide di costruire una bicicletta a motore apposta per il quello sport. E la prima volta che un mezzo a motore si dimostra più veloce di una bicicletta: fino a quel momento la “moto” davanti serviva a fare meno fatica in gara, poi nel finale il ciclista la superava (!) e andava a concludere la gara. Il successo, ovviamente, è immediato. Un anno dopo Hedstrom si associa all’industriale George M. Hendee e insieme costruiscono una bicicletta da strada, con un motore di 262 cc, per 1,8 cavalli di potenza. È . allora che nasce il marchio Indian, nome scelto forse in omaggio a una popolazione rimasta indomita, nonostante le sconfitte risoltesi con il confino nelle riserve. Nel 1901 le bici prodotte sono tre: si distinguono per il serbatoio carburante “a gobba di cammello” applicato al parafango posteriore. Nel 1902 salgono a 143; nel 1903 sono 376; nel 1904, 596; nel 1905, 1.181; nel 1907 oltre 2.000; nel 1908 circa 3.000; nel 1910 circa 6.000. Un trionfo assoluto. I “volantini” pubblicitari dell’epoca spiegano che le Indian sono equipaggiate “con il meglio che può essere realizzato”, a cominciare dalla forcella, ammortizzata con una molla orizzontale; e dalla sella, “confortevole come una vettura gran turismo”. Anche la sicurezza è considerata molto importante: la Indian si guida senza mai staccare le mani dal manubrio, per evitare che “la perdita del controllo sulle strade di grande traffico (nel 1902!) possa essere fatale”. Il rischio è evitato grazie al sistema “twist of the wrist”, la rotazione del polso su entrambe le manopole: consente di intervenire sulla frequenza dell’accensione della candela (manopola destra) o sulla velocità (manopola sinistra). Tenere entrambe le mani sul manubrio è ritenuta cosa utilissima anche su “terreno infido, come sabbia o fango” (situazioni evidentemente frequenti, considerando le strade di allora…).
La volontà di migliorare continuamente porta ad introdurre nel 1910 una versione con trasmissione a cinghia, nel 1911 un cambio a due velocità, nel 1912 l’avviamento del motore a pedivella. È disponibile addirittura un catalogo di accessori dedicati e vengono proposte anche le versioni “a triciclo”, per trasporto di persone o di cose. Nel 1917 viene introdotto un motore bicilindrico longitudinale. In quel momento l’Azienda è presente in tutto il mondo, come affermano le pagine pubblicitarie: “il sole non tramonta mai, sul servizio Indian, perché può essere trovato ovunque”. Nel 1927 nasce l’affascinante e sorprendente modello Four, con motore 4 cilindri in linea da 1300 cc, longitudinale alla moto.
Nel 1914 Hendee era uscito dalla società per divergenze con Hedstrom. Una brutta notizia, per gli appassionati della Marca, ma la Indian non si fermava: nel 1920 la fabbrica di Springfield era articolata su 7 edifici, quello per gli uffici si proiettava su 5 piani, i dipendenti erano 3.000, i Concessionari nel mondo 1.800.
Nel 1913 inizia l’importazione in Italia. Nel 1923 Tazio Nuvolari è pilota ufficiale Indian: arriva 3 volte primo e 2 volte secondo, su 7 gare disputate.
Il 1923, però, segna anche l’inizio della fine: negli Stati Uniti la Ford produce una vettura con costi di acquisto concorrenziali rispetto a una motocicletta; nel 1925 il governo inglese applica una tassa del 33% sulle motociclette prodotte fuori dai confini nazionali. Lo scoppio della seconda Guerra Mondiale, infine, genera problemi enormi. C’è grandissima confusione, la produzione è riservata all’uso militare, gli ordini sono per numeri molto grandi, ma l’uso militare delle moto è soppiantato dalle vetture, a cominciare dalla indistruttibile Jeep. La quantità di pezzi invenduti, ed in seguito svenduti, è altissima. Nel frattempo le Indian hanno perso la loro “anima” e le vendite calano verticalmente. Nel 1953 la fabbrica chiude.
Le ultime 60 pagine del libro riservano una sorpresa totalmente inaspettata. Musetti non è solo “innamorato” delle Indian, ma possiede anche una mente vulcanica, così ecco l’imprevisto ed improvviso alternarsi di 30 poesie dell’autore dedicate alle “sue” motociclette con 29 fotografie di appassionati della Marca, ritratti a tutta pagina insieme al proprio mezzo. La trentesima e ultima immagine è riservata a Musetti e signora, a suggellare una evidente, doppia, grande storia d’amore.
Massimo Fiorentino